Garaliya – Reforged (Morte, 2014)

Garaliya è un duo in cui uniscono le forze Lin dei Morkobot e il misterioso (e impronunciabile) Mzky. Generalmente dediti a un’elettronica che combina pesantezza industriale e impossibile danzabilità, in questo album mettono le mani su (ma sarebbe più corretto dire “in”) sette brani di altrettante gruppi italiani della galassia post (aggiungete a discrezione il suffisso –core –rock –jazz, ecc.) riforgiandoli, appunto, nello spirito di certo metal di confine anni ’90, ma con tecniche e sonorità assolutamente attuali.
I remix sono tutti ben fatti e ampiamenti al di sopra della sufficienza, la differenza la fanno i brani che riescono ad aprire nuovi scenari rispetto ad altri che si limitano a ribadire ciò che già sapevamo delle band manipolate. È il caso degli Ovo, da tempo avvezzi ai rimiscelamenti e con già una buona percentuale di elettronica innestata nel proprio DNA col recente Abisso, o degli Inferno, resuscitati per essere sottoposti a una cura di breakbeat alternati a momenti di stasi che aggiunge poco alla schizofrenia che li ha sempre caratterizzati. Più interessanti i Lento rarefatti di Glorification Of The Chosen One, mentre per i Mombu il trattamento non è troppo invasivo -sonorità ambient e voci che si insinuano fra il sax in loop e la batteria- ma convince nel riuscire a sfumare ed arricchire il suono monolitico e troppo spesso monotono del duo. I Morkobot si dimostrano a proprio agio nel farsi digitalizzare, uscendone con un brano che non ne tradisce lo spirito ma ne ampia la gamma sonora in maniera interessante e meritevole di approfondimento, mentre Human Genome Project degli Obake diventa uno spaventoso incubo di ambient-dub-metal alla maniera dei sottovalutati Human Quena Orchestra, ma ancora più radicale e inclassificabile. Questo è fuor di dubbio il pezzo migliore della raccolta, ma la riforgiatura in assoluto più sorprendente è quella che tocca al gruppo che di tutto il lotto mi sembrava il meno adatto a subire un trattamento di questo tipo, vale a dire gli Ufomammut; la loro Stigma viene trasformata in un allucinante doom scorniano: lenta, dilatata, sporca, pesante; non me ne voglia il terzetto alessandrino, ma a mio modestissimo parere, il miglior pezzo mai inciso da loro lo trovate in questo disco.