Empty Chalice – Ondine’s Curse (Ho.Gravi.Malattie., 2018)

Carina l’idea dell’etichetta torinese Ho.Gravi.Malattie. di dedicare una collana di uscite in cassetta a tiratura limitata a una serie di simpatiche patologie che vanno dall’epatite C al tetano, dal disturbo bipolare alla febbre emorragica. Il problema di cui ci occupiamo oggi è la maledizione di Ondina, una rara malattia del sonno che causa ipoventilazione alveolare, convulsioni, cianosi, disturbi della personalità e può addirittura provocare la morte. Per trattare l’argomento abbiamo invitato l’esperto Empty Chalice che per l’occasione ha scelto di non pigiare sul pedale del rumore preferendo un approccio più mediato e adatto al tema in esame. Parlare di post-industrial ipnagogico può sembrare paradossale ma in qualche modo rende l’idea perché, in Ondine’s Curse, su basi di chitarra e synth spettrali e vagamente melodiche, si agitano rumori fluttuanti che disturbano la fruizione e con essa la percezione della realtà: non si arriva mai ad essere sopraffatti dal rumore ma nemmeno si riesce ad abbandonarsi totalmente al trasporto dell’ascolto. Un po’ come quando ci si immerge in una lettura appassionante, la descrittività della musica ci fa immedesimare nella malattia, quasi somatizzandola. Così, nelle cinque stazioni che ci portano dalla veglia a un travagliato sonno, sperimentiamo la quiete illusoria (II), la paranoia (III), gli attacchi di panico (IV) ritrovando alla fine, pur seguendo altre vie, quell’inquietudine che è un po’ la cifra stilistica del progetto, stavolta bissata dalle grafiche di copertina, diverse per ogni copia, curate dall’artista Omega Kunst: figure che sembrano disfarsi ma che nell’estrema dissoluzione si avviano a ritrovare nuove forme. A questo punto sorge l’idea che la malattia possa essere – quantomeno in questa versione sublimata – un mezzo per esplorare stati di coscienza altri, una risorsa anziché un limite. E se non è inquietante questo…