Laddove anche gli Psychic TV fallirono -pubblicare un disco al mese per un periodo prolungato- la Final Muzik persevera con successo (sebbene si proponga un obiettivo dimezzato rispetto alle 23 uscite in 23 mesi progettate da Genesis P. Orridge e soci): ammetto di faticare a tener dietro alla serie. Oggi parliamo della quinta uscita che mette insieme la strana coppia Claudio Rocchetti/The Haunting Green, ognuno alle prese con un unico brano di generosa lunghezza.
L’italo-berlinese, nei dieci minuti di Relics, combina i suoni più disparati (percussioni, field recordings, elettronica analogica…) fino ad ottenere una sorta di sinfonia elettroacustica, dove –sarà suggestione mia- sembra potersi leggere la narrazione della progressiva discesa nei meandri di una città, dall’affollata superficie fino ai luoghi più reconditi del sottosuolo, dove l’ascolto, grazie a suoni concreti mai eccessivi per volume e tonalità, si fa quasi esperienza tattile. Non che servissero conferme sulla qualità del musicista, ma averle è sempre cosa gradita. Di tutt’altro tenore la proposta di The Haunting Green, che mai, visto il volume di suono prodotto, avrei sospettato essere un duo. Devoti alla lezione di Neurosis ed Isis, arricchiscono il suono dei maestri inserendo metallofoni, campane tibetane e gong, facendo intuire la volontà di smarcarsi da un genere da tempo in agonia. L’operazione, tuttavia, riesce solo in parte: se nella prima metà di Blind Me, Night, dimostrano di aver bene appreso e finanche saper rielaborare, la lezione dei Neurosis maturi di Eye Of Every Storm, infondendo pesantezza a suoni acustici e puliti, sul finale naufragano in un mare di chitarroni ascoltati mille e mille volte da gruppi assai meno dotati di loro. Da risentire, augurandosi che trovino il coraggio di affrancarsi completamente da certi stilemi risaputi che, di fatto, limitano di molto le qualità espressive che il gruppo sembra avere.