Bloccando per un secondo il grande vagabondo. Una chiacchiera con Grand Drifter

SODAPOP: Ciao Andrea! Cominciamo dall’inizio : chi è Grand Drifter, il grande vagabondo? Perché la scelta di questo nome d’arte? Il tuo girovagare ha un obiettivo o è semplicemente quel che chiamiamo vita?

ANDREA CALVO: Grand Drifter è il nome che ho scelto per un progetto musicale che raccogliesse le canzoni che avevo messo da parte nel corso degli anni, stiamo parlando di circa dieci anni fa. Non ha un particolare significato, è vagamente ispirato alla Beat Generation, ma poi non c’è un reale collegamento. Ognuno ci vede quello che vuole, ed è bello così. Un qualche nome ci vuole, consente di stabilire una distanza da me come persona, e mi permette così maggiore libertà. Negli anni Grand Drifter ha avuto spesso l’aspetto di una band, ma oltre una certa età anagrafica l’idea di band viene per forza meno. Cambiano le esigenze, cambia il rapporto tra se stessi e gli altri, la ricerca degli altri non ha più la forza che aveva in precedenza. Grand Drifter è un progetto solista, che ruota attorno a me e alle mie canzoni senza essere uno pseudonimo. Questo è avvenuto in modo piuttosto naturale, così come se devo dare un senso ad una idea di girovagare allora penso al percorso della nostra esistenza come esseri umani. E credo che già questo interrogarsi -anche senza muoversi geograficamente- sia un movimento. Il mio girovagare stando fermo è questo. Ha come obiettivo la serenità, e la musica è un mezzo potentissimo per fare questo.

SODAPOP: Nel precedente lavoro, Only Child, eri accompagnato da uno stuolo di collaboratori. Da chi è composta la squadra che ha messo le mani su Paradise Window?

ANDRA CALVO: Per questo album ho suonato e arrangiato tutti i brani da solo, tranne un intervento al basso in una canzone da parte di The Cascarino (Sergio Varbella). Un grandissimo lavoro lo ha poi svolto in fase di editing, mixing e mastering Dario Mecca Aleina, ingegnere del suono, bellissima persona e musicista fantastico, che ha curato i miei due dischi precedenti oltre a moltissimi altri album assai più blasonati. La scelta della totale solitudine è anche in questo caso qualcosa di molto naturale. Sentivo l’esigenza di lavorare in prima persona su ogni dettaglio delle canzoni, dovevo fare così e l’ho fatto.

SODAPOP: Come lavori solitamente? Arrivi in studio con i brani già composti oppure ti lasci delle finestre di libertà? In quanto tempo avete registrato il lavoro?

ANDREA CALVO: Mi piace osservare. Preferisco il silenzio e l’ascolto. E tutto nasce da quello che ho letto e ascoltato. Lo raccolgo, lo elaboro e lo ricompongo. Mi lascio guidare, non ho un processo lucido, moltissimo viene accumulato e poco riesce a diventare una canzone compiuta. Si tratta di partire da un’idea generica, in un momento di particolare benessere e buonumore, e poi di raccogliere tanti frammenti. Si comincia da qualche parte e non si sa cosa si potrà trovare. Scavando come un archeologo a partire da quel frammento. Magari non trovi niente, o magari invece un grande edificio sepolto. Allora non mi devo fare prendere dal panico, ma devo utilizzare lucidità per arrivare alla sintesi che si chiama canzone. Di solito ci metto molto tempo per completare un brano, mi soffermo sui dettagli. Arrivo in studio sempre con i brani già composti e con una idea di produzione già piuttosto compiuta. Trovo difficilissimo -ma molto più stimolante!-non avere finestre di libertà in fase di registrazione. Sono piuttosto lento nelle realizzazioni, scrivo ancora tutto a matita sul pentagramma, ma questa volta tra i demo e il master finale sono passati circa 7-8 mesi, registrando solo quando mi sentivo di farlo.

SODAPOP: Musica allegra e musica triste. Recentemente uno studio ha evidenziato come il 71% degli adolescenti è stato influenzato negativamente dall’ascolto di musica triste e che le persone ipersensibili dovrebbero limitare il suo ascolto. Personalmente ho sempre percepito ed esperito la musica come uno specchio della mia situazione personale, per esorcizzare e sbloccare una determinata impasse a volte. Trovo che nella tua musica queste due emozioni, felicità e tristezza, siano sapientemente miscelate ed equilibrate. Come vivi la contrapposizione fra queste due emozioni? Ti influenzano nella scrittura e nella fruizione musicale?

ANDREA CALVO: Ho ascoltato moltissima musica che faceva della tristezza persino una poetica. Con il tempo ho rifiutato totalmente questi ascolti, alla luce del significato che il comporre musica ha assunto per me e per la mia vita. Per me la musica (piccola o grande che sia) è una espressione superiore per trasmettere attraverso le proprie capacità gioia, bellezza, gentilezza, benessere e affetto. La musica, il Pop, hanno una funzione veramente alta in un mondo come quello attuale la cui realtà è pervasa dalla violenza, dalla sopraffazione, dall’abbruttimento interiore. Con questo non dico che non conosca mai la tristezza. Questo stato d’animo esiste anche per potere apprezzare maggiormente il suo opposto quando arriva. Se sono triste non scrivo, non suono, non ascolto musica. Allora mi sforzo di trovare un qualsiasi spiraglio di luce nella mia giornata perché così posso tornare immediatamente a scrivere, suonare e ascoltare musica. La gioia è ispirazione e viceversa.

SODAPOP: Con The Cascarino avete inciso The Summer Song, quasi 3 minuti e mezzo di delicata e quieta felicità: ci sarà un seguito in questa collaborazione? Dedicherete la medesima attenzione anche alle altre stagioni?

ANDREA CALVO: Con The Cascarino c’è una collaborazione e uno scambio da tempo, su vari piani creativi, che abbiamo chiamato The Sunday Pop Society. Dopo un paio di brani in cui ho partecipato e una cover di Daniel Johnston realizzata insieme per lo scorso natale, abbiamo lavorato su The Summer Song: un singolo extra album scritto a quattro mani, del quale sono molto contento. Ci sarà sicuramente un seguito, ma no, non sulle altre stagioni, meglio i Concerti di Vivaldi.

SODAPOP: Con che musica ti sei formato? Che cosa ascolti ora? Ha per caso qualche artista da consigliarci?

ANDREA CALVO: La musica che mi ha formato sono stati senza dubbio molta classica e soprattutto i Beatles. Il ricordo di certe emozioni arrivate da quei primi ascolti è ancora vivo oggi, e ritorna ogni volta uguale. Questa emozione è quella che cerco di riprodurre quando ascolto cose nuove, verso le quali sono molto selettivo.Non ho tutto questo bisogno di sentire per forza nuova musica. Se quello che ascolto non mi fa nascere un soffio emotivo che racchiude in quell’attimo contemporaneamente melodia, eleganza, serenità, calma e positività …allora passo pacatamente oltre. I miei ascolti ultimamente sono alcuni soliti personali punti fermi come i Kings of Convenience (e i side-project di Erlend Øye!), João e Astrud Gilberto, Simon & Garfunkel, Margo Guryan… In questi giorni invece ho ascoltato a ripetizione North Marine Drive di Ben Watt, Natural di Celso Fonseca, e Bill Evans. Un artista che mi permetto di consigliarvi davvero è Giorgio Tuma. Oltre a tutti i dischi precedenti, il suo EP We Love Gilberto è in assoluto la cosa che ho ascoltato di più in questi mesi e che più mi ha dato felicità.

SODAPOP: L’immagine di copertina, creata da Sergio Varbella, cosa rappresenta? Che tipo di concept c’è dietro a questa linea grafica? Il distacco fra un lavoro e l’altro sotto l’immaginario è una delle cose che più amo di Grand Drifter, sono andato a ricercarmi i precedenti artwork convinto fossero stati elaborati da illustratori differenti mentre ho scoperto che sia Only Child che Lost Spring Songs hanno preso forma da Ivano A. Antonazzo. Parti dalla musica per farla declinare visivamente oppure la scelta dell’artista influenza le tue ambientazioni sonore?

ANDREA CALVO: Con Sergio abbiamo fatto una riflessione sull’architettura, la sua rappresentazione, il suo essere sfondo della vita di ognuno di noi. La copertina vuole ricordare alcune architetture postmoderne e la loro rappresentazione metafisica (che le faceva esistere solo su carta), e dall’altro font, colori pastello e atmosfere ispirate ai dischi pop della Siesta. La copertina rappresenta quello che si vede: un’architettura completamente cieca tranne una finestra illuminata. Non sappiamo quanto è alta questa architettura perché non si vede il basamento. Tutto qui. Quello che non viene detto diventa uno spazio libero, che crea il mistero. Uno spazio che sta poi a ognuno di noi colmare con il suo pensiero e la sua immaginazione. Ho sempre cercato di arrivare a delle grafiche che potessero essere comunicative da sole, senza musica. Che fossero essenziali e prive di cliché. Le capacità di Ivano A. Antonazzo e di Sergio Varbella hanno realizzato tutto questo in modo naturale. Musica e grafica non si influenzano tra di loro, ma poi alla fine si amalgamano, dialogano perfettamente per una qualche ragione.

SODAPOP: Farai dei concerti a supporto dell’album? In Solo o con che tipo di formazione? Hai giâ qualche data confermata?

ANDREA CALVO: Fare concerti non è la mia priorità in questo momento, non escludo qualche presentazione a supporto dell’album, chitarra e voce, ma nient’altro è stato programmato.
La dimensione della sola scrittura attualmente è per me quella ideale, che mi appaga e mi consente di non avere pressioni di alcun tipo. Sto già lavorando a nuove musiche, per un ulteriore nuovo album, già questa è una soddisfazione.

SODAPOP: Grazie mille per tutto, a presto!
ANDREA CALVO: Grazie a te!