Big Sir – Und Die Scheiße Ändert Sich Immer (GSL, 2007)

bigsir

Che poi io non mi ero mai imbattuto nella sindrome della pagina bianca come questa volta. Mai un disco aveva risieduto nel mio lettore per cotanto tempo senza farmi uscire un giudizio. E mi ci son picchiato. E, forse, alla fin fine ho cavato del sangue da una tal rapa, o noce o quello strano frutto che campeggia nella strana copertina di questo strano disco.
E pensa, pensa, pensa. E poi l'illuminazione?
No. Niente di che.
Ad un certo punto, alla disperata ricerca di un appiglio, ho contestualizzato questo disco. Ho unito qualche filo. Ho letto un po' di righe in giro. Ho visto i top friends del loro myspace.
Ho capito perchè, nel non trovarne il bandolo, mi figuravo divertito a giocare con la matassa. Attualmente di stanza a Los Angeles escono per l'etichetta che più ha sfornato tese ritmiche e assalti sonori negli ultimi anni, la Gold Standard Laboratories di Omar Rodriguez degli At The Drive In / Mars Volta. E di questi ultimi, Juan Alderete De La Pena, mente dei Big Sir, è il bassista. Con quest'intro il disco è bello e massacrato. Ma, in realtà, non c'entra per niente. E allora proviamo a ripercorrere il filo che parte da lei, Lisa Papineau, nativa di Providence, già con Air e M83, qui alla voce. E di nuovo un buco nell'acqua, non ci siamo dentro, niente smielismi.
Qui ci si perde.
I due sono insieme già nei Pet, con due dischi usciti per l'etichetta di Tori Amos, e qui qualcosa sembra quasi sul punto di scattare vista la bella voce della Papineau, e sulla colonna sonora del Corvo II, che è, però, un altro falso indizio.
Non c'è via d'uscita, il disco scorre ma non rimane; non incespica, si inerpica, sale e scende. Risulta gradevole, quasi esalta a tratti. Ma niente; non fa scattare niente nel cervello del recensore.
Poi i controlli incrociati danno frutto e scopri che la chiusura del disco è affidata a quel Mark Ramos Nishita già noto alle cronache sotto lo pseudonimo di Money Mark, precedentemente al servizio delle loro maestà Beastie Boys. E qui, finalmente, si intravede la luce alla fine del tunnel.
Le blande ritmiche si configurano in giochi di downtempo, lievemente funkeggianti, ciondolanti in un hip hop che definirei da cucina, dacchè la camera da letto è occupata dagli Outkast, la cameretta da Why? e il cesso da Eminem.
Come se il mainstream miscelasse il groove di Midnite Vultures di Beck e il pop maturo di Tanya Donnelly. L'underground se ne esce, dunque, con questo prodotto, bello e indecifrabile, di mille fattori.
Buono come mangiare una rapa immersa nella nutella, niente sangue ma soddisfazione garantita.
p.s. pare che il titolo significhi "e la merda continua a cambiare"…