Crevecoeur – #1 (Drella, 2007)

crevecouer

Mi piace pensare che i francesi siano tutti degli stereotipati figli di Jacques Tati, prima ancora che nostri compagni europei. Dirimpettai, a due passi da qui, svicoloni e guasconi, come un po' tutto ciò che fa rima con campioni, a meno di un anno dalla sconfitta, loro, e dalla vittoria, nostra, della Coppa del Mondo di Calcio…
Diciamolo subito, qui la finale si ripropone al volo metaforicamente in un confronto serrato con i nostrani Ronin. Forse esiste davvero un fil rouge che unisce la nostra identita europea, nel corrompere giovani menti male educate alle sonorità del punk riprogrammandole da qualche parte tra lo spaghetti western morriconiano, i balcani e la ruralità contadina delle nostre campagne. Nelle metropoli si cerca un filo rosso che ci riporti ai nostri avi, migrati qui da chissà dove alla ricerca di chissà cosa. Gli assalti sonici sono messi da parte, le ripercussioni kraute pure. In una sorta di sagra di paese tra chitarrini, casse basse e acustiche, trombe ci troviamo di fronte alla nazionale francese di indiefolk, il cui primario referente dalle nostre parti sono proprio i già citati milanesi. A tratti il paragone sfiora l'imbarazzante, un pareggio sportivo che vede prevalere i nostri solo ai supplementari, se non altro per campanilismo.
Ma se ai due fulgidi esempi di re-azione in recupero della tradizione storica, viene sovrapposto come arbitro un prodotto come quello degli americani Brokeback, sorta di Tortoise acustici, eccoci, finalmente, a quadrare il cerchio di centrocampo. Tra una sega e un Sapientino, si fa strada dalla tribuna un pianoforte Tiersen-iano; un violino tzigano quasi A Hawk And A Hacksaw e un momento da campeggio al fuoco, così si dipana la interessante trama del dopopartita. E' un gruppo che mi piacerebbe incontrare di persona per tastare se riescano anche dal vivo ad intessere le loro immaginifiche storie con la stessa maestria con cui dosano i mille strumenti ben rappresentati nello splendido artwork. Se sono spensierati e allegri come l'attore francese citato, credo sia più che lecito aspettarsi grandi cose, che sbocceranno magari in un leale confronto con la truppa capitanata da Dorella. E se i nostri si allontanano a bordo del loro galeone dei dannati, i Crevecoeur mi piace pensarmeli diretti chissà dove in bicicletta, con quell'andatura dinoccolata che solo il Tati di Giorno Di Festa riusciva a mantenere.