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Neal Morse – One (InsideOut, 2004)

Vi interessa un parere sul Prog da profana? Dio esiste. Non me ne ricorderò più solo quando bestemmio. Per chi non ci crede ancora (se non in Dio, nel Progressive Rock) si ascolti Neal Morse, vi convincerà d’averlo perlomeno incontrato qualche volta, perché c’ha suonato insieme. Canta rivolgendosi a Lui in One, il suo ennesimo album eseguito come solista dopo l’avvicinamento a Dio, e dal cielo sembra arrivare la sua musica come se avesse un privilegiato scambio con qualche arcangelo suonatore, pure. Scusate se è poco. Dopo aver suonato col fratello negli Spock’s Beard, con Mike Portnoy, il batterista dei Dream Theater e con Arjen Anthony Lucassen negli Ayreon, gli mancava giusto di suonare con Dio, perdio.

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Spock’s Beard – Octane (SPV/InsideOut, 2005)

Per carità, non vi inganni la pompa di benzina! Non siamo dinnanzi agli ennesimi imitatori dei Kyuss né tanto meno a nuovi inquilini di High Street. Magari! No, continuiamo piuttosto ad esplorare il variegato ed insidioso mondo della InsideOut, etichetta ormai prostrata alla scoperta e alla promozione del nuovo hype del momento: il tetra prog, il progressive in tetrapak. Biodegradabile, sano, colto, un filino pedante, ma pieno zeppo di svolazzi alla Versailles. Da un certo punto di vista mi sento ormai come Tex Willer con Mefisto o Alan Ford con Superciuk (ho pensato anche a Holmes con Moriarty, ma sarebbe stato esagerare).Ognuno ha la sua nemesi e, talvolta, la rivelazione gli arriva suo malgrado: io sono ossessionato dal tetra prog. Prismi strumentali in continuo movimento, sempre pronti a mostrarti una faccia diversa appena inizi ad abituarti alla precedente.

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