Luca Formentini – Intra (Subcontinental, 2022)

È impossibile isolarci dal mondo che ci circonda. È però molto semplice immergerci, in un contesto, in una situazione, in un suono. Quando questo suono è avvolgente e sinuoso tanto da divenire amniotico riesce a farci andare altrove.
Luca Formentini ha quasi 55 anni, bresciano, musicista, artista sonoro, attivista ambientale e produttre vinicolo. Sono entrato in contatto con lui casualmente, tramite Mirco Salvadori e Tiberio Faedi, il primo uomo dagli aleatori suoni su Rockerilla (che ha appena tagliato il traguardo dei 500 numeri) e produttore in laverna.net, il secondo grafico, voce, buon gusto e molto altro in Silent Radio. Due indizi fanno una prova ed Intra (non la mia vicina su sponda del Lago Maggiore, terreno di passeggi, libri e degustazioni, ma il prefisso relativo all’interno, al dentro) si presenti terribilmente onesto e seducente.
Poche note, rumori, scampanellii. Un’idea di luce e limpidezza. Chitarra, rumori ambientali, echi.
Storie senza parole.
Intra dovrebbe essere, se non vado errato, il quinto lavoro di Luca. Scorrendo la tracklist i titoli lasciano una sensazione sospesa, come se passeggiassimo insieme all’autore alla scoperta di nuovi, piccoli scenari. Nel periodo in cui sono venuto a contatto con questa musica sto leggendo il primo volume dei Souvenirs Entomologiques di Fabre, porzioni di vita che portano l’autore e noi ad un altro livello di grandezza, inserendosi nel mondo e nella storia degli insetti. Ritrovo nell’incipit di Intra le medesime sensazioni; What If ed Have Bridges, Find Rivers appaiono come ricognizioni curiose in terreni verdi ed aperti, con tocchi melodici suadenti e contestualizzati da un ambiente fresco e vivace. In Traced però qualcosa cambia, il recitato austero compare per la prima volta e scurisce il paesaggio, aspergendo umidità e parole quasi andando per grotte e lambendo squarci nel territorio.

Density
Density
Growing Density
Everything
Which is needed
Is in your hand

Stacco, scena. Molecules, con un frame  vocale di una casalinga statunitense, volontaria per un esperimento guidato dal Dr. Sidney Cohen, alle prese con delle sostanze allucinogene. Il suono è morbido, ed avvolge la nostra esperienza come se fosse motivo e spinta di elevazione. Luca Formentini si dimostra regista capace di creare scenari fuori dal tempo, coerenti e spaziali.
Quando torna, la chitarra è rifinita ed ipnotica, accompagnata anche in questo caso da un semi-recitato che mi porta a pensare a sliding doors ed a visioni differenti dei piani di realtà. Sono in un viaggio, con delle textures brumose da brughiera, gocce elettroniche e fasi metereologiche mutevoli. Nel proseguio le onde non calano ma anzi, assumono quasi uno slancio lirico che apre i paesaggi accompagnandoci al finale dell’opera. Tell About What Can’t Be Seen ci prende per mano in maniera quasi retrò, lasciandoci sopra un manto spaziale ed etereo, in attesa. Ma, purtroppo, quel che accade dopo e soltanto silenzio. Toccherà cercare altro suono, Intra e Fuori.