Vittorio Cane – ST (Innabilis, 2006)

cane

Bugo vive. E buon per lui. Il fatto è che una domanda sorge spontanea: avevamo bisogno di un Vittorio Cane (all'anagrafe Claudio Cosimato) che è – bestemmia – the new Bugo in town?
Pensateci. La mia risposta è un incurante "importa sega". No, non datemi dello stronzo prima del tempo. Lo potrete fare, ma almeno aspettate che abbia esposto le mie vaccate. Questo è un tipico e paradigmatico esempio di cantautorato slacker: stonature, chitarre dissonanti, melodie sghembe, testi minimal-intimisti-stradaioli a identificazione rapida per chiunque non appartenga alla tribù del Blasco o del Festivalbar (anche se, a essere maligni, un Cane ben prodotto e ripulito, potrebbe anche non sfigurare nella prossima edizione del festival estivo in questione). La voce è pesantemente accentata, la chitarra si trascina a pizzichi e smozzichi, i pezzi sembrano un unico e perenne (quanto durano???) inno al lamento del giovane di periferia sensibile e un po' sballato.
Bene. Do you like this? Io non ci impazisco. Anzi.
Se poi ci aggiungiamo anche le frazioni electro scratch che fanno un po' Subsonica
mi metto le mani sulla testa e fatico a continuare l'ascolto. Per un momento mi chiedo se non sono semplicemente prigioniero del pregiudizio che mi porta a un'equazione tipo: [cantautore minimal x Torino] + [sprazzi elettronici + dance] = orchite. E poi mi rispondo: NO. Qui non c'è il Rock. Nè nei testi, nè – tantomeno – nella musica.
Questo disco non mi piace e nemmeno mi diverte come il vecchio Bugo (che – diciamolo – rompe i coglioni dopo poco, comunque). Però una cosa me l'ha provocata, 'sto cd: mi ha fatto venire voglia di ascoltarmi i dischi di Enzo Maolucci. Stessa città, qualche anno prima… ma vabbè.
Detto fra noi… non mi stupirei se il buon Cane diventasse un fenomeno di culto per le masse di gggiovani un po' alterna. Glielo auguro, perchè deve essere uno piuttosto verace.
Ma verace lo sono anche io e dico: no bbbuono.

www.vittoriocane.it