Nel mettere su nastro un lavoro creato per una residenza artistica tenutasi a Porto nel 2019, Valentina Magaletti (Tomaga, Vanishing Twins) e Marlene Ribeiro (Gnod, Negrabranca) definiscono il loro incontro un esercizio di “tropical concrete”. Se di concreto c’è incontestabilmente molto, sul tropicale dobbiamo intenderci: di turistico ed esotico non c’è nulla, Due Matte, da subito, assume le forme poco rassicuranti ma ammalianti di un voodoo urbano, ora con connotazioni orgiastiche e tribali (Apples From Peru, La Luna Di Pierpaolo), ora sinistramente funeree (Part None). Cupi tropici, verrebbe da dire, storpiano il titolo di un celebre lavoro di Lévi-Strauss. È questa un suggestione immediata e molto forte, che condiziona l’intero ascolto, se è vero che a un certo punto si è portati a immaginare Big Circle, Small Circle, coi suoi cadenzati ritmi di marcia, suonata da una brass band di scheletri per le strade di qualche sobborgo caraibico. Il dubbio di essere andati un po’ troppo in là con la fantasia viene, ma notando che la performance da cui il nastro ha origine si intitolava Hysteria, il conto, tutto sommato, torna. Sono i ritmi a dare forma a ciascuno dei dodici brani del nastro, ora lavorando su tempi serrati, ora disfacendosi in vibrazioni dub, mentre gli altri suoni si dispongono in profondità: strumenti a corde suonati in modo non convenzionale, elettronica sottile, ronzii espressivi, melodie non addomesticate, voci. Nasce così una musica mutevole, che sa essere descrittiva e ritualistica, meditativa e squassante senza soluzione di continuità, una musica che prima accompagna l’ascoltatore e poi lo abbandona nel mezzo del viaggio, solo. Quando si giunge alla fine non è difficile immaginare le due musiciste osservarci con un sorriso a metà fra il sincero e il beffardo, come quello del jolly delle carte. La matta, appunto.