Riusciamo a combinare una videochiamata con Manu e Leo da Roma mentre Simone si collega da Londra, quindi i Trans Upper Egypt sono in gran completo per presentarci con le loro parole No Dub, il disco che ospita sulla copertina (a firma del noto Re Delle Aringhe) due coccodrilli guardinghi immersi in un acqua rosso sangue. Dopo aver ascoltato il disco un paio di volte la curiosità per questo progetto, attivo ormai da quasi 15 anni a fasi alterne era parecchio, quindi quando ci si è presentata l’occasione l’abbiamo colta al volo!
Uscito di sorpresa l’ultimo disco di Trans Upper Egypt, terzetto che al momento si compone di Bob Junior, Leo Non e Simone Donadini, è l’ennesima conferma di un progetto sotterraneo ormai attivo da anni. Fortunatamente siamo riusciti a riunirli (anche se solo virtualmente) per cercare delle chiavi ad entrare in un mondo cosmico, jazz, tropicale e psichedelico. Questo il resoconto del confronto.
SODAPOP: Ciao Trans Upper Egypt! Grazie mille per esserci tutti e tre, so che non è sempre facile combinare, specie quando si è dislocati…
Prima domanda: perché Trans Upper Egypt? Da cosa deriva il vostro nome?
BOB: Questa era una cosa mia, molto vecchia, calcola che il primo disco credo sia del 2009. Era riferito a Pharoa Sanders, che ha un pezzo bellissimo che si chiama Upper Egypt & Lower Egypt ed all’epoca ero molto in fissa con questi loop di basso, infatti Trans si dovrebbe scrivere Trance in realtà. Poi ho aggiunto Upper Egypt e ci siamo!
SODAPOP: Il progetto esiste da molti anni ma fra l’ultimo disco e questo sono passati 6 anni, corretto?
BOB: 4? Ah no, 6, hai ragione…mi sono accorto di questo, i nostri dischi sono usciti nel 2012, 2014, 2018, 2024, andiamo sempre a dilatarci temporalmente, il prossimo dovrebbe arrivare fra circa otto anni!
SODAPOP: è una questione fisiologica? Che tipo di gruppo siete e come funzionate a livello sonoro? È una cosa che vi prende a fasi e che quindi quando vi sentite ispirati fate oppure avete una regolarità di incontri e composizione?
BOB: Diciamo che per quanto mi riguarda i fattori sono molteplici. Simone vive a Londra ormai da diversi anni, Leo ha avuto una bimba e la difficoltà era quella di fare delle prove insieme, tant’è che questo disco lo abbiamo fatto senza provare praticamente e senza creare i brani insieme, semplicemente suonando insieme un pomeriggio. Come band quando riusciamo a trovarci facciamo una prova, se ci invitano a suonare lo facciamo, non è che ci muoviamo sistematicamente in quella direzione, per fare un disco o cose del genere. Le registrazioni erano andate bene, ci abbiamo messo un bel po’ perché Leo ci ha speso parecchio a ritoccare il tutto, quasi due anni. Non la viviamo come una band molto presente.
LEO: Sì, forse all’inizio eravamo tutti a Roma ed era una band classica, poi con il passare degli anni e gli altri progetti è diventato più un peso il modo in cui funziona il grupo che materialmente una pratica di prove ogni settimana od ogni tot. Il disco precedente era composto da pezzi che in qualche modo avevamo provato dal vivo mentre adesso è ancora diverso. Compresa la modalità ed i suoni quando ci incontriamo cerchiamo di essere il più concentrati possibile.
SIMONE: Il disco è stata un’immprovisazione, Leo e Bob avevano preparato delle sorta di basi e ci eravamo trovati il primo maggio di due anni fa e li abbiamo suonati così senza averli mai provati prima. Essenzialmente una buona evoluzione si sente nel nostro suono.
LEO: Erano proprio dei giri di basso che è un po’ la nostra forma di lavoro. Bob arriva con i giri e poi la batterie, la tastiera ed il cantato nascono un po’ da questi loop.
SIMONE: Ci siamo adattati a lavorare in un modo così dilatato ma con una buona evoluzione. Seguire troppo i dettagli forse sarebbe troppo complicato, quindi ci riesce più semplice fare le cose di getto.
SODAPOP: Come mai NO DUB come titolo? Cosa significa questa chiusura?
BOB: L’ha scelto Leo, non abbiamo detto niente!
LEO: perché abbiamo fatto un paio di dischi che non hanno titolo e quindi nell’imbarazzo ne ho scelto uno. NO DUB perché alla fine il basso, il suo suono ricorda qualcosa della musica dub, anche la batteria nel disco è più sul groove che sulla struttura ed è stato registrato improvvisando e mixato come lo avevamo suonato, quindi mi sembrava che come la base di ricerca di suono stessimo andando in quella direzione, una musica ripetitiva su dei modelli ipnotici e ripetitivi, anche se materialmente li abbiamo suonati dal vivo. Quindi un suono dub ma suonata come al suo inverso, quindi NO DUB perchê fatta alla maniera nostra. In fondo è la prima musica elettronica in cui è lo studio che suona più che i musicisti, mentre noi siamo tre musicisti e proprio perché non suonavamo mai che c’è stata un’urgenza che ha portato a questi pezzi.
SODAPOP: Tra l’altro voi siete tre musicisti e Trans Upper Egypt è una cosa comunque parecchio differente da qualsiasi altra cosa facciate. Sembra che quando vi unite diventiate veramente qualcos’altro. Sentendo il disco senza conoscerne gli autori sarebbe difficile collegarlo a Rainbow Island, Wow ed Holiday Inn. Che tipo di ascoltatori e masticatori siete? Vi immagino abbastanza aperti, ma quali sonoi vostri punti in comune come incrocio tra voi tre?
MANU: Io parto un po’ dall’inizio del progetto…avevo tantissimi gruppi a Roma, Roma Est nel 2008, 2009. Tutti avevamo moltissimi progetti ed il punto sul quale abbiamo voluto puntare è stato quello di suonare strumenti per noi nuovi, io non avevo quasi mai suonato il basso, Leo suonava la chitarra e Samir era un batterista e chitarrista. Usavamo strumenti non nostri a priori, avevo quasi vietato a Leo di usare la chitarra e quindi ha preso questa tastierina, cercando così un altro modo per esprimerci. Alla base c’è questa roba qua ma ciò che dici è molto divertente perchè ci sono delle persone che hanno ascoltato il disco, persona che mi hanno visto suonare al Fanfulla (calcola che non suonavamo a Roma da una vita), persone che ho conosciuto negli ultimi due, tre anni e che da allora frequentano il Fanfulla e mi hanno detto che ascoltavano i Trans Upper Egypt da anni ed avevano scoperto che fossi io il bassista solo una volta avendomi visto sul palco.
SODAPOP: Ci sta, siete una cosa differente insieme, non siete un supergruppo con delle cose esplicite ma semplicemebte un altro progetto con una sua forza ed un suo senso. Un’altra cosa: ascoltando il disco ho trovato delle cose che andavano nella direzione dei Brutopop di una volta, il periodo de La teoria del Frigo Vuoto, saranno passati circa 25 anni. C’è qualche tipo di collegamento e di influenza oppure sono completamente fuori strada con il mio trip?
MANU: No, non li conosco..
LEO: Di dove sono?
SODAPOP: Romani, erano stati anche backing band degli Assalti Frontali per un periodo ed avevano qualcosa che a tratti poteva avvicinarsi a voi, il disco del quale vi parlavo è del 1998.
LEO: Beh, poi le influenze ed i collegamenti sono cose che si scoprono dopo, anche a diversi anni di distanza, poi comunque noi siamo parecchio a contatto con la musica, Manu ci lavora proprio facendo la programmazione del Fanfulla, io e Simone la ascoltiamo in quanto musicisti ma anche come appassionati. Forse l’influenza maggiore viene anche da quando è successo a Roma. Forse quegli anni per noi sono remoti ma la maggiore influenza sia molto data dal luogo, da Roma Est e da quella scena.
SODAPOP: è comunque difficile trovare qualcosa di comune al suono di Roma est, soprattutto nel vostro suono, visto che siete parecchio personali e peculiari, forse ê più una questione di persone, contatti e spazi. C’è un po’ questa cosa del dub e del ritmo che sento parecchio, a livello quasi generazionale in italia nell’area psichedelica e ritmica, che ne ha fatto una bella elaborazione personale, penso a SabaSaba, Stromboli, the Lay LLamas ad esempio, quasi entrando in una sorta di DNA italiano. Pensate che possa esserci un legame di humus in questo senso?
LEO: Chi lo sa, forse sì. Credo sia una cosa molto ampia perchè come dicevi ci sono delle idee proto dub comune uscendo con cose diverse, ma forse è proprio la musica dub ad essere usata. Non è però revivalismo, quello non ci interessa.
MANU: Poco ma sicuro, infatti io spesso leggo le recensioni o parlo con Chiara Colli che mi parla del disco dicendomi cose alle quali non avevo mai pensato…eravamo a Smania ed una coppia si è avvicinata perché voleva un disco dei Trans Upper Egypt. Chiara gli ha dato il penultimo disco e quando gli ho chiesto il perché, visto che avevamo l’album nuovo Chiara gli ha detto: no, no, io questi li conosco, nel precedente c’è una psichedelia ed un’ampiezza che non ritroverete nell’ultimo che è diventato qualcosa di molto concentrato e particolare. Io non capivo quel che diceva perchê non ci avevo mai pensato al fatto che ci fosse meno aria in questo disco. Noi non cerchiamo la psichedelia, non cerchiamo nulla..è ripetitiva perchè ogni volta che qualcosa cambia io mi sento male. La strofa, la tonalità, sono cose molto complicate per me da suonare (è una cosa molto personale). Anche i ritmi non sono per tutti i batteristi, l’unico che potrebbe farli è Simone perchê ha queste precise capacità che usiamo. La cosa che ci permette di non assomigliare soltanto ad un gruppo kraut, dub o psichedelico è questo ed il non pensarci troppo, creando così delle sorprese in primis per noi. Ascoltandoti volevo aggiungere che non abbiamo mai aggiunto l’elettronica in questo progetto. Vedendo i gruppi intorno a noi (che di gruppi ce ne sono sempre di meno, è stato complicato dopo la pandemia per vari motivi) aggiungono elettronica troppo spesso simile, a riempire i vuoti. Noi cerchiamo di evitarla sempre, facendo altro.
Simone: Più che i gusti o le influenze è la chimica, o forse una ricetta: un basso, una batteria con la sua ritmica o una tastiera. Ad uscirne è una mescola che non è mai la somma dei tre elementi.
SODAPOP: Quel che poi arriva è assolutamente personale e si sente come Trans Upper Egypt peculiarmente. Quest’ultimo disco esce per Maple Death, lanciatissima e con una produzione più bella dell’altra. Com’è andato questo aggancio?
MANU: Esce per Maple Death e per la mia piccola etichetta, My Own Private. Conosco Jonathan da una vita, siamo proprio amici e ci scambiamo tante cose, ascolti e pareri. Abbiamo fatto Holiday Inn insieme e più che una collaborazione è una cosa che va avanti da sempre, mi viene proprio spontaneo proporgli di fare cose insieme. Lui è anche particolare, a volte ci sono cose che adora ma che non vuole produrre mentre in questo caso la collaborazione è stata veramente semplice ed easy, non ci sarebbe possibilità di avere dei disaccordi, la vedrei molto difficile. Mi piace come lavoro e la visione che ha.
SIMONE: Maple Death è riuscita anche a tirar fuori da Roma e dalla nostra zona diverse produzioni, cosa che a noi è sempre stata difficile. Non è stato mai semplice per noi nel locale fare quello che Jonathan ha creato a Bologna, con un circuito ed i collegamenti come quello che hanno creato.
MANU: Sì, lui suona, fa suonare, organizza festival, è attivo e sono abbastanz arare le persone così attive su molti fronti e sulla diffusione della musica.
SODAPOP: Essendo così lontani il disco avrà occasione di essere suonato live? Ci sarà qualche data di presentazione oppure non ne avrete la possibilità ed andrete avanti ad episodi?
MANU: Le difficoltà sono di tutti: Il Fanfulla, Londra, la famiglia. Poi dal vivo faccio veramente fatica a suonare il basso e questo mi frenerebbe parecchio…
SODAPOP: Potresti suonare in playback!
MANU: Vero, o con una pedal loop! Comunque non faremo un tour ma faremo qualche data, probabilmente il Maple Festival a giugno e qualche cosa spot in estate, ci sono diversi festival di amici, però nessun tour.
SODAPOP: La copertina del disco invece. Sono coccodrilli, alligatori?
LEO: Sì, coccodrilli, alligatori..
SODAPOP: Sono solo due! Dov’è il terzo? Cosa c’è dietro?
MANU e LEO: In realtà per la copertina è Re Delle Aringhe che questo metodo di ritagliare e riutilizzare i libri che adoriamo. Non l’ha fatta espressamente per il disco, era fra diverse opere sue che abbiamo scelto e non c’è una simbologia precisa, nemmeno riferimenti ai coccodrilli bianchi!
SODAPOP: Sul comunicato stampa si fanno riferimenti alle OST francesi beccandomi sul fatto, quali intendono?
MANU: AH, sono cose che sono uscite dai dialoghi di Jonathan e Chiara Colli, non saprei dirti cosa intendevano, però incontrerò presto Chiara e le chiederò di sicuro!
SODAPOP: Noi rimarremo volentieri in attesa dei suoi responsi…grazie mille Trans Upper Egypt ed ancora complimenti. Il riscontro come sta andando’ Tutto questo ha un senso?
TRANS UPPER EGYPT: Grazie mille a voi! Nulla di questo ha un senso, comunque il disco per essere appena uscito sentiamo che a Roma la gente compra il disco e lo mette nelle serate e lo suonano nella maniera corretta, sposandolo bene agli altri suoni! Non ce lo saremmo aspettati ma siamo molto felici del risultato ovviamente!
Qui il trio in uno Zuma di qualche anno, sperando di avere presto l’occasione di toccare con mano la loro musica…