Teatro Satanico – XX (Nedac, 2013)

Vent’anni che ci inquietano, i Teatro Satanico: il tempo vola, quando ci si diverte. Quattro lustri intensi, che vengono doverosamente celebrati con un vinile blu in tiratura limitata, grafica minimale e titolo laconico, diviso, come un’effige di Giano, fra un lato che guarda indietro, significativamente marcato 1993 e uno che ci propone alcune nuove incisioni, 2013.
Del lato rivolto al passato, portando l’antico nome Teatro Satanico Charles Manson, è presto detto: suoni isolazionisti sullo sfondo e tetro recitato in primo piano, con due brani che non è eccessivo definire classici come Comandante Bruno e Confesso Tutto!, uno dei pezzi più disturbanti e sgradevoli che mente umana abbia mai concepito. Di queste provocazioni oggi rimane poco: la strada è stata percorsa fino in fondo e andare oltre a certe nefandezze era francamente impossibile, a meno di non volersi incartare nell’infinita ripetizione di tattiche shockanti che, coi tempi che corrono, sono buone a scandalizzare solo parroci di campagna e redattori di Repubblica. Il Teatro Satanico del 2013 ha dunque una veste presentabile, la stessa che avevamo conosciuto nel precedente Fatwa, e taglia chirurgicamente i ponti col passato e con un’immagine antisociale che rischiava di diventare uno stereotipo. La frattura col mondo non è comunque ricomposta. Nei cinque pezzi nuovi (che occupano stranamente la prima facciata, per cui all’atto dell’ascolto si è costretti a un percorso a ritroso) si respira un senso di fine ineluttabile e di rassegnazione che è la logica e coerente conclusione del percorso poetico intrapreso dal gruppo fin dagli albori. Veniamo accolti dalla lamentosa preghiera cantata in francese (Oh Mon Dieu, oh Mon Diable…) di Mondo Cane (à Yves Klein), che su distese di morbidi synth chiede protezione dalla massa e meritato oblio. Teatro Della Memoria salmodia, con fare ferrettiano, un’invettiva contro la memoria e i suoi schemi precostruiti, che conferma, ancora una volta, i Teatro Satanico inutilizzabili per ogni partito e parrocchia. È un brano che si regge sull’incedere sicuro di una linea di sintetizzatore e una minimale batteria a metronomo; lungo le stesse coordinate è il testamento senza speranza de La Farmacia Dell’Angelo (Satana non mi salverà / e memmeno il loro dio / se ci sarà un aldilà /sarà come l’aldiqua), tematicamente legata a una The Owl che strizza l’occhio, e lo fa benissimo, alla cold wave in stile Kirlian Camera, per un addio consapevole e senza rimorsi. Quello che ci è lasciato in eredità è il rock industriale di L’Occidente, monito a guardarsi da un’idea, quella dell’Occidente appunto, che ha esaurito il suo compito storico e non ha più nulla da dare, se non infinite menzogne. Che questo sia, come potrebbe suggerire il senso di morte che pervade tutte le tracce, l’ultimo capitolo dei Teatro Satanico, poco importa. Quella che emerge da XX è l’immagine di un gruppo che, anche nel momento della (apparente) rassegnazione, non rinuncia a gettare uno sguardo lucido sulla realtà circostante, senza scontarle nulla: un metodo indispensabile per sopravvivere alla tempesta del presente. Satanismo o barbarie.