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Luca Collepiccolo: da Blast a Blow Up magazine, il Lester Bangs capitolino?

Non ho mai amato l'idea di critica musicale e nonostante lo menzioni nel titolo, Lester Bangs mi mette tristezza, la pseudo sociologia di Simon Reynolds mi annoia ancora di più, per non parlare dei suoi epigoni dell'ultima ora che passano da ascoltare i Bluvertigo (… e in questo non ci sarebbe nulla di male), a "trovarsi" esperti di musica indipendente o addirittura di avanguardia dopo cinque minuti, ma in fin dei conti questa è la patria dei "tuttologi", il paese in cui tutti siamo più furbi e genericamente "più meglio" degli altri. Nonostante questo, capisco l'utilità delle riviste, della critica (di quella un po' meno) ed nonostante uno poi diventi un rompi coglioni come il sottoscritto, nessuno è "nato imparato" e quindi è normale che i più giovani e i "non addetti al settore" cerchino qualcuno che li accompagni e li orienti. C'è stato un tempo in cui da sbarbatello sono stato un avido lettore di riviste e c'è stata qualche "penna" che mi ha influenzato nel comprare dischi e nello sperimentare gruppi nuovi, Luca Collepiccolo è una di queste.

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La Decima Vittima – Storie Strane Al Buio (Zona, 2011)

 Ognuno ha lo chansonnier che si merita. Evidentemente, e i fatti mi danno ragione, oggi Bobby Soul è quanto di meglio si possa ascoltare a Genova. A me piace per svariate ragioni: non se la tira, suona ovunque, si confronta con chiunque, si mette a nudo (con entrambi i sessi) ed ha un'identità artistica che, nonostante il continuo trasformismo, rimane sempre riconoscibile e ben distinta. E poi diciamocelo chiaro: nel giovanilistico e derivativo panorama genovese, Bobby Soul è un po' come la lanterna: sempre sotto gli occhi e il tiro di tutti. Troppo facile da criticare, troppo sopra le righe per poterlo apprezzare apertamente. Già, che tristezza.

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L’Ultimo Disco Dei Mohicani, intervista a Maurizio Blatto

Una varia umanità che spazza via qualsiasi noiosa "pippa" da appassionati di musica. La negazione assoluta di qualsiasi nozionismo musicale fatto apposta per escludere i non unti. Una girandola di personaggi tragicomici maledettamente reali: a metà strada tra una canzone di Jannacci e i fumetti di Alan Ford. Questi e decine di altri motivi rendono necessaria la lettura del primo libro di Maurizio Blatto, critico musicale di Rumore e negoziante di uno tra i più importanti negozi di dischi di Torino. Backdoor per l'appunto. Per leggerlo, non è necessario sapere quale accordatura usa Thurston Moore o di che segno zodiacale era Jerry Garcia: per godersi L'Ultimo Disco Dei Mohicani è sufficiente aver voglia di farsi quattro risate e, come in una striscia di Altan, non aver vergogna di mostrare le proprie deformità. Sia chiaro, non sto incensando né Moby Dick e nemmeno un tomo di Simon Reynolds, ma promuovo il diario di bordo di un navigante che annota una città in inevitabile cambiamento, ma che, nei ricordi e nei personaggi di chi narra, continua a pulsare un' italianità che non dovremmo mai dimenticare. Quella che il tempo ci sta togliendo.

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Morse Code – The Night An Artificial Light (Monster, 2010)

I redivivi (ex-)Caboto Alessandro Gallerani (chitarra), Alessio Crotti (basso) e Stefano Passini (batteria) mettono insieme un gustoso tritato misto (da Zappa ai A Minor Forest spruzzati funk, tanto per orientarvi) in salsa math: una sorpresa così gradita e gradevole che non per dispetto ci si ritrova a cercarne le debolezze, ma per sincero impulso a spingere questi agilissimi musicisti a dare il meglio e a darlo presto, perché di roba così, insieme “classica” e coraggiosa, c’e n’è sempre un gran bisogno.

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