I redivivi (ex-)Caboto Alessandro Gallerani (chitarra), Alessio Crotti (basso) e Stefano Passini (batteria) mettono insieme un gustoso tritato misto (da Zappa ai A Minor Forest spruzzati funk, tanto per orientarvi) in salsa math: una sorpresa così gradita e gradevole che non per dispetto ci si ritrova a cercarne le debolezze, ma per sincero impulso a spingere questi agilissimi musicisti a dare il meglio e a darlo presto, perché di roba così, insieme “classica” e coraggiosa, c’e n’è sempre un gran bisogno. Le uniche pecche di questo disco – pensato bene e suonato meglio – sono il cantato, che zavorra l’insieme in affollatissimi lidi circa-Dischord ‘90, e una produzione altalenante quando non del tutto assente (globalmente, i suoni e le dinamiche non sono proprio all’altezza dei pezzi): il convergere di questi due difetti “appesantisce” sensibilmente il lavoro nel suo complesso, rendendolo alla lunga un po’ monotono… d’altronde, però, materiali di questo tipo sono estenuanti per vocazione: a fare davvero la differenza è la personalità che emerge (o meno) dal magma caotico e ribollente. Ecco: i Morse Code sembrerebbero avere la lucidità necessaria per dar forma compiuta ed elegante a tanta frastornante schizo-fonia. Bravi.