Peppe Voltarelli – La grande corsa verso Lupionòpolis (Visage, 2023)

Il primo ricordo che ho di Peppe Voltarelli è legato a Lu Ragnu Stortu, etichetta discografica dal nome geniale che firmò i primi due, bellissimi, album dell’allora Parto delle Nuvole Pesanti che, se non ricordo male, incrociai in qualche divagazione elvetica in zona luganese. Poi l’unico filo che tenni con il cosentino fu tramite il fiorentino Paolo Travelli, emigrato in Lussemburgo, voce e mente dietro al programma radio PassaParola e cultore di musica stupenda, nella quale, appunto, Peppe Voltarelli non mancava mai.
Ci ritroviamo quindi qui, 29 anni dopo quegli esordi, con un disco registrato a New York da Marc Urselli e prodotto da Simone Giuliani. I vestiti e la parate di strumentisti sono quelle delle grandi occasioni, con archi, fiati e corde come se piovessero, in un’atmosfera tzigana e randagia, esattamente come me lo ricordavo. Voce scartavetrata, arrangiamenti sublimi, anima, corpo e sudore. Sembra di ritrovarsi in un’atmosfera da inizio secolo e da cartone animato, come se avessere rapito gli scenari di Appuntamento a Belleville spostandoli sotto la grande mela ed infilandovicisi dentro a colpi di pettine. Colpi di petto come Spremuta al limone, vera e propria torch song come poche se ne sentono ancora. Vengono in mente Fulvio Tulli, gli Aristogatti, i tramonti, Giacomo Sferlazzo e l’amore. Fiore potrebbe essere un brano di Lucio Dalla per l’intensità. Si swinga, si svisa e si rolla con Peppe e la sua ciurma, tra morazzelle e bon bon, in uno scivolo del divertimento e dell’intensità prorompente. Con la title track torniamo su lidi bellevilliani, maliconici ed inquieti, prima di farci abbracciare dal lirismo appassionato di Marinai Perduti in un ballo guascone e caldo. Si chiude con i rintocchi caldi di Carizzi, Coney Island sotto ai piedi, Cosenza nel cuore.