La lunghezza non è tutto #8

Ultimo appuntamento prima dell’estate (dove capiremo per tempo se ci saranno i presupposti per altre segnalazioni, intanto abbiamo riempito 8 mensilità con qualche chicca, la qual cosa già ci garba). Sad Lo-Fi Punk da Zurigo, questo è Letterbox. Primo singolo di un ep che vedrà la luce presto, piccioni per la strada, voice from the grave, beats sottotraccia. Due minuti lancinanti, non stupisce che dietro una delle due label a produrre ci sia una delle Sun Cousto. I brevi rintocchi di piano a gelare il sangue, “…you take my hands…”, tutto perfetto, datecene ancora! Non sappiamo ancora nulla del personaggio in questione ma se il buon giorno si vede dal mattino avremo la meglio sui maledetti piccioni…ed infatti! Ieri pomeriggio ho visto che al singolo si sono aggiunte altre sei tracce per un ep più che corposo, Speed Trap city che aleggia sulle onde di una mesta e povera wave densa di guizzi, elettronici e bradi, finendo per sorprenderci come un uomo nudo per strada nell’ora di punta.

Tornano dopo anni (l’ultimo vagito, eccetto il singolo Angelus Errare tre anni fa, era l’album Perpetuum del 2012) i The End Of Six Thousand Years. Rimpolpati nella formazione da Michele Basso e Gianmaria Carnero i cinque (oltre ai nuovi giunti Luca Dalù, Matteo Borzini e Nicola Donà sono l’ossatura storica). Già la foto ci dice molto, le t-shirt indossate dai nostri sono quelle di Entombed, Taake e Corrupted. Il suono è sporco e spigoloso, la voce un urlo rauco e lacrimante. Quattro brani, fra i quali una cover dei Today is the Day, quattro brani di rabbia e pece, tra hardcore, black metal e disperazione furente. Chitarre come rasoi e batteria che spazza tutto quanto, i tre brani autografi sono diversi tra loro ma uniti nell’officiare la disperazione. Collider è torbida, Endbearer spudorato malessere, Voidwalker selvatica e sacrale. Chiude, ed è summa, in vero stile Nashville sound come si conviene, The Man Who Loves To Hurt Himself. Bentornati.

Bentornati anche a Casino Royale, comparsi improvvisamente insieme a Marta Del Grandi (un’altra delle voci italiche che negli ultimi anni hanno lasciato lo stivale per l’estero). Cospiro sono sei minuti di magia, archi, respiri che quando si spezzano, per le voci nascoste dei Casino, si trasforma in claustrofobica nenia, che trova la propria chiusura del cerchio con glia echi finali.

Moine orientali e sfrigolii, così inizia il nuovo parto del mostro a più teste Micropupazzo. Ma c’è molto di più, in una melma in cui sembra Alvin sia finalmente riuscito a ridurre i Chipmunks allo stremo. Fermentazioni asiatiche come Infilami la billa sono francamente irresistibili. 9 pezzi per 21 minuti in cui succede di tutto, sorprendendoci con effetti speciali artigianali. Alessandro Onori e Stefano di Trapani spippolano che è un piacere, alternando brani più melodici e cheesy a momenti più acidi come Lasciati sorprendere. Groove e fantasia, rimasugli dub, scricchiolii e sciabolate tremebonde.

Il Californiano Caleb Nichols, già attivo sotto diverse nomee e progetti torna, dopo l’esordio solista sempre su Kill Rock Stars, con un corposo tour ep di ben 10 tracce. Brillante Songwriting ed arrangiamenti fra il folk e lo slacker, eleganti ed originali. Originariamente nato come poeta (e Chan Divines Our Future questo è, splendidamente) conferma la sua bontà come cantautore, con una verve che in qualche caso mi riporta al Colin Meloy dei Decemberist con il sole, per un viaggio che potrebbe realmente lanciarlo anche su quel pianeta popolato da esseri e cantori favolosi che portano il nome di Elephant 6. La Chan che aleggia fra le trame del disco altro non è che la figlia che i suoi genitori si aspettavano…poi nacque Caleb, crebbe, scrisse, recitò, cantò…finendo a questo. Una bellissima sorpresa, da tenere stretta a se!

Matilde torna con Club, ep di sei brani da dancefloor fra pop, electro è quella vena languida che c’è l’ha fatta apprezzare nei precedenti lavori. Ormai possiamo definirla a tutto tondo appartenente a quella new wave ibrida di pop urbano che genera mostri e chicche da scoprire. Il confine è sempre labile ma la ticinese si muove allo stesso tempo acerba e sicura, il lavoro è coeso ed avvolgente, forse rispetto alle precedenti uscite manca il guizzo che ti si stampa in testa, anche se l’indolenza di Balla (flirt) ci va molto vicino.tra una Camel Blue ed un casino (drink). Chiude Bad Nights (6 AM), a dimostrare come Matilde sia in piena evoluzione.

Presto arriverà un album dei Prank, progetto che vede coinvolti Federico Marchesano, Dario Bruna ed Enrico Degani. Qui, con il trombettista Giorgio Li Calzi ci regalano Touching Hands, un brano jazz fumoso e western che lascia trasparire fuliggine e sabbia. Una piccola magia che ci fa discretamente salivare per quel che potrà essere.

Gli Human Colonies sono tornati con il brano che introdurrà l’album nuovo imminente d’uscita. Cavalcata shoegaze spizzata e sintetica, chitarre in crescendo ed una bellissima voce femminile a farci volare in meno di due minuti. Air 909, dalla Roland che domina la ritmica, entra di diritto nel cuore.

Chiudiamo con la Bougainvillea di Tatum Rush. Che gioca ed amoreggia con Popa e Lulu (entrambe fantastiche ed in grado di speziate di Lituania e Francia Pelle di Luna e Valentino) in una malegria che non lascia prigioniero fra fiati, balletti ed ancheggiamenti. Una verve fotoromanzata, vivida che quando entra sottopelle non accenna a lasciarci.