Chitarra aperta, luce, lirismo. È tornato Own Road, conosciuto anni addietro quando insieme a Mattia Coletti si concesse per condividere un nastro insieme ai Powerdove. Qui chiama a raccolta diversi amici con variegata strumentazione per un ep di 7 brani, un’ambientazione che profuma di legno chiaro e che ci introduce nel suo mondo, che non appena si avvicina ad una versione a.m. di Neil Young viene sporcato da quella che sembra una folata elettromagnetica che ci fa sentire piccini di fronte alla carica delgi elementi. Più avanti i toni si fanno pIù ombrosi, raccolti e magici, sostenuti da piccoli rintocchi melodici, quasi a riprodurre un microcosmo con il mondo fuori in bufera e dentro una storia, dei violini, eventi ineluttabili. Ad un certo parte qualche birra e qualche Whisky, di sicuro, i toni si alzano e le melodie sono sempre più trascinanti, accorate e soul, come una There’ll be Tears che dà i brividi e scalda gli animi. Poi però si cambia di nuovo atmosfera, è difficile seguire un mood di un lavoro che può rispondere soltanto al concetto di folk o americana come stili larghi, larghissimi, nei quali infilarci canzoni da destra e da manca. A garantire il filo del discorso è il sentore di un umore, di un sentimento comune fra Simon Skjodt Jensen e gli amici chiamati a collaborare al disco, memori di incontri e sentori comuni. A raccolta infatti sono membri di Taiga Taiga, Superheroes, Hovet, Areca, Vektormusik, Junkyard Productions, e solisti già collaboratori di Simon come Morten Aron Larsen e Thomas Richard Guldsten Christensen, nomi e progetti che cascano qui da noi sul limitare insubrico come emeriti sconosciuti molto molto capaci, ai quali dedicheremo le nostre energie nelle prossime scorribande tra i diversi motori di ricerca. Ad ora, ci limiteremo a godere dei frutti di questa bella riunione di scandinavi ceffi, che immaginiamo innaffiata da discrete dosi di akvavit e fiori di sambuco. Ci rimane la splendida voce di Own Road, il mood positivo e rilassato del disco ( nonostante l’ambulanza del brano a lei dedicato ) ed il movimento del nostro piedino sotto al tavolo.