Moictani – Cinq heures trente-deux (Bleu Lagon, 2023)

Cinq heures trente-deux è il disco d’esordio di Moictani, artista con base losannese che già avevamo incrociato con un suo ep nell’articolo su Bleu Lagon nello scorso novembre. Di recente si è esibita nel festival Facciamo la Corte a Muzzano ma purtroppo non sono riuscito ad assistere al suo show. Questo disco invece si presenta partendo su basi frizzanti, con una Tomar Algo che fa della lingua ispanica il suo punto di forza. Le ritmiche di Tania Praz sono sostenute e digitali, lasciando il giusto equilibrio fra musica pop-folk ed un mondo elettronico. A tratti l’unione di questi due mondi potrebbe riecheggiare una Juana Molina con però meno fiabesche atmosfere e più classicità di approccio, con vocalizzi e parole che potrebbero addirittura perdere di senso mantenendosi in vita unicamente sulle ripetute istintive, tanto sono centrate a livello melodico da canticchiarle automaticamente. È una via per certi versi originali, che unisce differenti mondi: statunitensi per la vicinanza fra musica pop, folk e cantautorale, ispanici, per la lingua ed i colori e per qualche velleità pop luminosissima, francofoni, per la delicatezza dei tocchi e per alcune melodie memori di grandi momenti pop. Cinq heures trente-deux avanza così, dinoccolato e godibilissimo, con un’ospite al canto in Il Fait Chaud a scaldare l’atmosfera in un duetto dalla risacca torrida. Si percepisce una carineria di fondo che potrebbe diventare stucchevole, ma la cura con la quale sono costruiti i brani e dipinti gli arrangiamenti ci fanno propendere per una scelta di cuore e non di comodo, diventando praticamente irresistibile per chiunque riesca ancora a struggersi per qualcuno o qualcosa con un crescendo trascinante e colorato. Grazie ad una Le Vent dritta e tesa Tania Praz riesce a svelare anche un lato drammatico della propria espressività, tenendoci sulle spine e caricandosi in maniera sottile e graduale della giusta dose di enfasi, assumendo toni e vibrati che dall’Andalusia ci prendono per mano guidandoci in direzione araba. Miro el reloj (per l’ora tarda? Per l’avvicinarsi della fine del disco?) lancia le ultime scariche uptemèpo prima di approfittare il finale di Teuf, allargando ancora un pochino la tavolozza di colori utilizzati da Moictani. Sceglie di chiudere così la sua festa, ballando e corrazzando per la notte sulla strada. Forse è ancora presto per dirlo ma se due indizi fanno una prova qui abbiamo una musicista che ad ogni uscita lascia segnali importanti di sé ed una scena svizzera che trasformando ed utlizzando le diverse origini cosmopolite dei musicisti odierni si sta costruendo un parterre artistico colorato e frizzante.