Avevo scoperto Master Peace, all’epoca Peace Okezie da Morden, South London, lo scorso anno con un paio di singoli assolutamente irresistibili. Cresciuto con ascolti onnivori (alla domanda di citare due progetti coi quali avrebbe voluto esibirsi ha optato per the 1975 e the Smiths) mischia rock, pop e rap in un perfetto blend orecchiabile e fresco. Il disco inizia con un uno-due praticamente perfetto, fra le urla ed i cori di Los Narcos ed il giro di basso di Lodge che puzza di White Stripes e quella voce da schiaffi all’inglese, fra rap, slapstick e pop. Poi prova ad agganciarsi un classico brano pop.punk inglese fallendo miseramente per poi ritrovare il giusto equilibrio in Start You Up. Suono lucido e coinvolgene, per il luccicante lavoro di produzione da parte di Matt Schwarz e Julian Brunetta, che hanno messo il nostro nella miglior condiziuone di esprimersi. Il torrido funk a 300 miglia all’ora di I Might be Fake con Georgia. Bello perdersi nell’ugola di Master Peace e nella sua voce, artista che non ama confinarsi ad uno stile od una scena e che balla letteralmente fra i generi, con più di un’affinità con Tyler the Creator. Un’urgenza punk in Get Naughty seguita dal pop rock vagamente ombroso e sinteticamente ’80 di Sick In The Bathroom. A tratti, nei brani affrontati con piglio più rock e pop la sensazione è che il nostro non sia del tutto a proprio agio, risuonando piuttosto artefatto, cosa che non succede quando si approccia alla materia pop in maniera più aperta e solare, come la rutilante Shangaladang, vero e proprio singalong tra battimani e bassi tropicali. Okepie come oggetto misterioso in un paese che non lo riconosce, “…black boy in a white country e white boy in a black country!“. Non manca un momento praticamente eurodance come Heaven, che riesce comunque a suonare coerante in un disco che libera sudori ed endorfine. Master Peace ci lascia con una Happyness is Love, carica e calda, che ci convince a rilanciare il replay.