The Universe is Black inizia da dove avevamo lasciato Malummí, quella Bones che aveva tutte le carte in regola per diventare uno dei singoli super orecchiabili di una volta. La capacità della band governata da Larissa Rapold è quella di rimanere sul limite di una personalità folk ma risuonata con la gamma ed il volume classico dell’indice rock, in maniera non dissimile da quanto accade ad esempio con i Palehound. La voce ha poi un impianto soul r’n’b che svolazza vaporosa creando contrasti e profondità. La band ha i pezzi, che sono trascinanti e che immagino in sede live possano trasformarsi in una discreta bolgia. Con You’re Not Gonna Ruin My Day usano toni morbidi ed occhiate decise per mettere in chiaro la propria posizione, mentre nella successiva The Universe Is Black la questione razziale e melaninica viene mandata nello spazio grazie ad un groove che ondeggia fra Caribe e West. Poi movenze sexy, una Mother che riecheggia di Me’Shell Ndegeocello, una sensibilità ed un sentore jazz pur viaggiando in altre rotte ma nel medesimo universo. Con In a Gentle Way c’è il tempo di riprendersi voce e chitarra per una sosta fra coperte e tazze di brodo per regalarci, in chiusura, una Diver che è una voce che si fa grande e scura, a prendersi mondo e cuore. Un progetto da scoprire e tenersi stretti a tutti i costi, sperando passino anche nelle nostre zone per mostrarsi dal vivo.