BRTHRM / Mevda Rosa Lavita & Denis Vignoli – 09.12.2023, La Cambusa Teatro, Locarno,

Michele Bianchi, l’ectoplasma di Sacha Rovelli aka Icydawn, Rosa Lavita, Attila Folklor, Denis Vignoli.

Serata dedicata ai suoni più sperimentali quella organizzata dalle due etichette ticinesi (Luca Sia e L’è tütt un folklor Records)
che spesso sul territorio hanno unito le loro forze nel lato oscuro.
In sordina attacca BRTHRM, progetto del quale non so assolutamente nulla oltre al fatto che sia bellinzonese, uomo, e che dietro ad un vecchio macchinario analogico ci trasporta fin da subito in un locus amenus fra tintinnii cristallini e sciabordii, più delicati rispetto alle lattine di birra in apertura. Un gioco di frattali e ambientazioni boschive scivolano sullo schermo mentre l’operato sonoro rivela affinità cosmiche con gli ormai preistorici ‘70. La platea è discretamente piena, ben oltre le mie personali aspettative, segno che, anche nel periodo dell’avvento, il popolo della notte più oscura cerca comunque luoghi e momenti di aggregazione attorno al suono.
BRTHRM si accosta, a tratti, a breve concessioni melodiche e ritmiche, sempre inserite in un flusso costante di toni acuti, metallici ed atmosferici, per un risultato che sorprende per la sua piacevolezza e vorremmo sentire maggiormente espresso, considerando la vicinanza a tratti a materiali dell’orbita Morr Music. Questo doppio binario si prolunga, venendo rinforzato da campioni vocali old style ed a suoni che riecheggiano albeggiamenti inespressi. Sul finale un ispessimento più oscuro e malevole porta il vento nella direzione prossimo set, quello di Mevda aka Attila Folklor, che nel frattempo sta dettando i livelli nella sua postazione. Detto fatto, sopra quello che sembra il suono di un vortice Mevda inizia a sfrigolare i propri suoni, ben più sporchi e caustici rispetto al primo set. Il suono arriva ad ondate, caustico sopra ad un tappeto sonoro piuttosto tenue, manipolato da Attila tramite incricchi misteriosi. È un suono a tratti antico, un suono che riecheggia di router e di collegamenti telefonici, di interferenze e di disturbi, quasi una madeleine comunicativa. Lo sguardo dello stesso Attila alla propria consolle, sorseggiando birra, ascoltando i suoni autogenerati, vale il prezzo del set, così come il suo accanimento brutista un secondo dopo. Nella pausa fra il set di Attila e l’arrivo di Rosa Lavita e Denis Vignoli scopro che BRTHRM altri non è che Michele Bianchi, soggetto che avevo conosciuto ed esplorato tempo addietro senza mai averlo incontrato (tanto che l’altro ieri gli avevo scritto per sapere se sarebbe stato presente, sembrando una buona occasione per conoscerci di persona), mentre tra il pubblico scorgo Mattia Mirenda, fisarmonicista che si muove fra set solisti (abbonati anche ai nostri Centri Diurni) ed il recupero folk dei Vent Negru ed Huere Giulio degli Insomnia Isterica. il Ticino è piccolissimo e quello che si muove entro certe sonorità ancor più piccolo, ma a volte questo è un bel vantaggio.
Ma ora è tempo per la coppia della serata: Rosa Lavita al basso e Denis Vignoli iniziano ad estorcere suono dai loro strumenti. Un’archetto manovrato dalla prima apre panorami sulle basse che vengono rimandate in loop prima che le chitarre sature entrino regolari ad inserirsi nel ritmo.
Le linee di suono sono parecchio gravi e slabbrate, dando in impressione di incombenza instabile, sulla quale Denis tesse il giusto apporto con tocchi materici e concreti. Quando riescono a seminare la staticità lanciandosi in brevi percorsi a suo si sente loro unione vibrare, venendo invece meno la possanza che è presente per la maggior parte dei loro brani. Rosa lavita crea mostri con il suo basso, mostri ordinati in giri geometrici che Denis sobilla e va a ad agitare con le sue lente sferzate, dando al tutto l’apparenza di un macabro carillon inchiodato sullo stesso giro. Un incrocio intrigante che, come tutta la serata, lascia voglia di approfondire quanto già inciso per andare ad assorbire in maniera più approfondita il percorso dei quattro artisti coinvolti.