Non era necessario arrivare al terzo disco per capire che Makhno è una delle esperienze più autenticamente hardcore che potete trovare sul suolo nazionale e forse anche oltre: lo è – al di là del suono, comunque scarno, distorto, spigoloso – per il rigore che caratterizza il progetto, per lo spirito profondamente politico, per l’attitudine spartana e DIY che porta Paolo Cantù a fare quasi tutto da sé, con solo pochi amici fidati a spalleggiarlo. Ripensando ai tempi in cui, coi suoi Six Minute War Madness all’esordio, bazzicava l’ambiente Blu Bus, mi tornano in mente i gruppi di quel giro – Panico e Detriti su tutti – che seppero evolvere il suono delle origini abbandonando le traiettorie di un hardcore/punk ormai codificato verso una forma che si facesse essa stessa contenuto: libera, aperta, continuamente spiazzante. È quello spirito, in nuovi abiti, che ritroviamo in Leaking Words, un disco che mette la forma aperta del precedente The Third Season in comunicazione con le strutture più orientate alla canzone dell’album d’esordio; la fusione riesce splendidamente anche se il risultato, potete immaginarlo, non è dei più accomodanti. La Ragazza In Coma, che fa gli onori di casa col suo testo crudissimo, scritto e declamato come in trance da Federico Ciappini su una base di chitarra trapanante e battiti martellanti, è un pugno nello stomaco come raramente se ne ricevono da una canzone. Ci riprendiamo un po’ con la poesia ruvida di Techno (Berlino In Sottofondo), poi l’album viaggia all’insegna della varietà, con lo stile personalissimo di Makhno a fare da collante: c’è l’impro-blues sbilenco di Slowing Down, il jazz che diventa mantra sabbathiano sul finale di Sunday Clouds (HYSM? alla voce), il noise ipnotico di Attese, il rumore squadrato di Not In Your Shoes che ruba il ritornello ai Minor Threat di Sob Story (l’hardcore, si diceva…). Ancora una volta – lo avevamo già notato nelle opere precedenti – i brani partono incerti, lasciando aperte possibilità che solo attraverso il dialogo fra gli strumenti si disciplinano in una forma definita ma mai statica, che regge le parole, curatissime. Non c’è tuttavia aria di ripetizione: quella di Makhno non è una formula ma la chiara manifestazione della volontà di mettere continuamente in discussione ogni elemento, senza preconcetti o gerarchie. In questo, nella forma che coincide con la sostanza, Leaking Words si rivela molto più che un album di grandi canzoni.