Izzy and the Black Trees – Revolution comes in Waves  (Antenakrzycu, 2022)

Izzy, Marius, Mateusz e Lukasz. Si rinchiudono in una baita Montana con Marcin Bors e danno il via alle danze, preparando le prime ondate rivoluzionarie. Ed in effetti lo slancio, il pathos, la rabbia sono ingredienti fondamentali nel disco, al pari della splendida voce di Izzy (immaginatevi Debbie Harry e Rachel Nagy sotto vetriolo), di chitarra, basso e batteria. Vengono in mente i Make Up a tratti, a tratti anche i Big Sexy Noise, ma soprattutto si resta invischiati nei racconti di Izzy e degli alberi neri, alberi che nei secoli hanno assorbito la merda che l’uomo ha sparso e, giustamente, ad un certo punto hanno deciso di sputarla fuori. I Can’t Breathe, Liberate, National Tragedy…disagio, società allo sbando, malessere, merda. Un disco per far ballare e strusciarsi ma anche per urlare incazzati, riducendo così ad evidenziarsi nel proscenio rock e nelle voci più interessanti degli ultimi anni, insieme ad Alicia Bognanno dei Bully.
Sentirli quando caricano i colpi, come nell’attacco di Visions è una gioia per le orecchie, Izzy blandisce e schiaffeggia senza fare prigionieri. In Love’s In Crisis ricorda addirittura una Kate Bush gotica e rock, per un mix che richiama un immaginario decadente bello che irresistibile. Chiudono con Candy, scheggia punk incazzosa di trenta secondi, accontentateli vi prego. Io sorrido rabbioso, vado a recuperarmi l’esordio Trust No One del 2020 e resto nell’onda, fra le fronde degli alberi.