Dentro, me torna a rivelarci Ibisco come presenza pop italiana nebbiosa. È il primo brano di Languore, estremamente calibrato in una poetica classica che però contiene una noce di quello che Ibisco ci ha dimostrato di saper fare, riprendendo gli anni ‘80 new wave punk italiani, con una sola frase la vita è tutta perfetta nel culmine.
Seduci è polvere CSI in discoteca derviscia, ma le frecce del nostro cupido sono molte e variegate ed un brano come Vera parte come mille altre canzoni d’amore ma si stravolge, stropicciandosi di un’intensità unica. C’è una palpabile Emilia nella musica di Ibisco, ma c’è soprattutto un equilibrio fra luce e buio spigoloso che mette in evidenza la drammaticità e l’enfasi senza scadere nel macchiettismo e nei barocchismi. Già, che il rischio è alto e paradossalmente non siamo distanti dal mainstream pop ma la sensazione è sempre quella di un’onestà post-rave, iniettate sull’asse Bologna Manchester. Filippo Gigli è perfettamente centrato e la continuità in co-produzione di Marco Bertoni conferma conferma quanto visto nell’esordio. Ogni pezzo è una potenziale hit da ballare, da cantare o semplicemente de stringere a se per un prolungato struggimento. Pur essendo chiaramente leggibili le influenze ed i tributi Ibisco è materia organica e non appare mai mera riproposizione. Certo, non sarà facile ricevere il riscontro che questo progetto meriterebbe, proprio in termini di pubblici danzante e cantante ma chi lo sa, voi fatelo suonare sempre più forte, la bellezza di questo fiore farà il resto.