Hilde Marie Holsen – Lazuli (Hubro, 2018)

L’ispirazione del nuovo disco di Hilde Marie Holsen proviene dai minerali chimici utilizzati per creare i pigmenti usati nella pittura, ambito e abito di applicazione approfondito grazie alla collaborazione con l’artista e pittrice Tyra Fure Brandsæter. Le due infatti hanno condiviso del tempo assieme praticando le rispettive arti con l’intento di ispirasi reciprocamente.
E Il concetto di fondo di Lazuli è proprio quello di stendere tele sonore su cui disegnare dettagli fino a completare delle immagini acustiche, ed è molto interessante ascoltare l’equilibrio venuto fuori dall’incrocio di tonalità analogiche di tromba e contestualizzazione elettronica attraverso il processamento in tempo reale. Componenti che si autoalimentano a vicenda, raggiungendo un livello d’osmosi considerevolmente stimolante all’ascolto.
Un lavoro che parte dalla libera improvvisazione in cui prevale una tonalità notturna e sospesa, disegnando droni avvolgenti quando l’elettronica morbida si mescola alle lunghe note malinconiche di tromba e che sa diventare ruvida quando il rumore tratteggia linee nervose. Un sapore ombroso che prevale anche quando le onde sintetiche emanano direttamente dalle melodie, espandendosi come colore nell’acqua, e che raggiunge l’apice nei discorsi più estesi, dove la fusione e il continuo scambio di mezzi diventa un conflitto tra graffi lancinanti e melodie riverberate che trasfigurano in inquietudine e palpabile concretismo.
Colori stratificati con grazia, che suggestionano con richiami lontani a riflettersi sullo sfondo, ma allo stesso tempo inquietano nel saper disegnare flutti interiori e paesaggi tormentati. Una poetica che riesce a lambire sentimenti anche profondi, senza esasperarne l’impatto, ma trovando invece un equilibrio non facile per esprimerne sia la dolcezza dei bagliori che la malinconia dei colori scuri, fino alla consistenza del turbamento. Piuttosto piacevole.