Giovanni Dal Monte – Anestetico Vol. 1 (Neolitico) & Anestetico Vol. 2 (Evitico) (2xCD Sonicabotanica, 2022)

Il suono, una volta create, prende forme sorprendenti e plasmabili. Non sorprende quindi la scelta di Giovanni Dal Monte di suddividere diverse improvvisazioni nate con differenti metodi (dalla musica generativa,  a synth modulari od a groove machines) di concentrarle secondo una logica legata alla forma canzone.
Questo avviene su due compact discs separati, quindi in un ulteriore divisione, in due album (entrambi titolati Anestetico) sottotitolati come Neolitico ed Evitico. Non possiamo sapere con che ottica questi stralci siano stati creati ma la separazione sembra essere stata effettuata secondo gradi di calore e di colore. Quindi “…sonorità più forti, taglienti, a volte tribali, ritmate e anche ballabili.” in Neolitico e …sonorità più dolci, poetiche e meditative.per Evitico.
D’entrata i suoni emessi da Giovanni paiono essere realmente affilati ed appuntiti, ma con un’estrema attenzione al dettaglio ed alla filigrana del suono. Un’assenza quasi completa di colore, una scala di grigi che nell’incrocio fra differenti velocità e paste creano nuovi corpi. Quasi, che invece Sessanta Secondi si esibisce in solo piano, a fermare gli astanti con il naso all’insù cercando il reo. Riprendendo si visitano stanze differenti di un enorme dancefloor, dove non riconosciamo quali siano persone reali, quali replicanti e quali algoritmi creati dagli stessi strumenti di Giovanni.
A tratti una voce filtrata, in Guimaraes quella di Fabrizio Modonese Palumbo, aggiunge una sensazioni di straniamento ancora maggiore, con dei locks invariati che evidenziano ancor più meccanicità e riflesso pavloviano in una massa mossa all’unisono. A tratti Giovanni Dal Monte sembra giocare in un campionato dove i Mouse On Mars prima maniera vengano ulteriormente liofilizzati e privati della loro componente di divertimento. Quasi un’ossevazione ed una gestione esterna di un suono autogenerato estremamente affascinante, dove l’unico tratto umano e quindi romantico appare essere quel battito delle dita su un pianoforte, contorto in mezzo ad una freddezza glaciale.

Su Evitico d’entrata si apre una porta d’oriente, l’ambientazione appare molto più spinta verso una trance classicamente meditativa. Il soggetto (l’ascoltatore ed il musicista, compreso il rapporto che si crea fra di loro) sembra essere maggiormente solo in questa fase, quasi che riposte le armi bianche del primo volume l’enfasi e la tensione scemino in una sorta di brodo primordiale. Ma, giacché per una precisa scelta produttiva queste sessioni sono state codificate in brani, possiamo caratterizzare in maniera più specifica. Rimaniamo quindi colpiti dal ritorno di Palumbo in Coimbra, visto che oltre alla sua voce, calda ed inquietante, si aggiungono squarci di luce e punteggiatura, in un’ottica di toy music ambient parecchio interessante (e qui il pensiero rispetto ai Mouse on Mars ritorna, sebbene gli ingredienti siano sfruttati in maniera decisamente differente). Oppure in Kyaiktiyo, dove sembra si stia musicando uno spettacolo di marionette, con un piglio giocoso su binari che, come spesso in questi casi, risvegliano pensieri macabri e spaventosi. Non tutto d’altro canto appare riuscito ma forse il problema sembra essere la mole di musica messa in atto. Pur essendo due mondi molto diversi, non mi sembra che l’Evitico abbia la forza del fratello di reggersi sui suoi piedi, anche e soprattutto perché i brani maggiormente riusciti sembrano essere quelli che maggiormente escono dal seminato (i fiati di Mancano 10 Metri oltre ai due già citati).
Ne escono quindi due mondi imperfetti per una ragione o per l’altra. Un Neolitico affascinante per la sua rifrazione meccanica e godibilissimo proprio per la sua freddezza ed un Evitico a cui invece manca quello spunto che possa far levitare un’esperienza personale in un passaggio emozionale.