Gianluca Becuzzi riparte dall’asse del mondo, Axis Mundi, l’albero lungo il quale prendono spazio gli elementi di un universo. Prossimo ai 40 anni di carriera con questo doppio CD edito da Silentes ci porta per mano in un buio ancestrale, con delle panoramiche aperte sopra quel che sembra essere un rito propiziatorio dettato dalle sparute incursioni vocali e da campanelli che testimoniano la presenza di refoli esterni. In mezzo sirene e clangori. Poi il suono si concretizza, diventando più ottundente, quasi fossimo calati di un cerchio intorno all’asse, scendendo verso il basso. È un suono materico, quasi lavico. Si sente lo stridio ed il lavoro di pressione tra gli strati. Come se Dylan Carlson stesse prestando servizio nella fucina di Efesto. Il salmodiare ortodosso che subentra è contrappunto del nostro ineluttabile fluire, con le voci che vanno a creare un mondo che, forse, stiamo lasciando definitivamente. Hierophanies, la manifestazione del sacro che spaventa, incute e sottomette. Parte e fa spavento, metal nell’animo, vuoti pieni che si ripropongono anche nella successiva traccia, For a God with No Name, anche se con meno intensità e vigore.
Nella presentazione del disco Gianluca esplicita come “…The space of the sacred, no longer identifiable with tradition or with rules of different churches, for the artist is the space of art”e la sensazione è esattamente quella. Una fucina, dove la connessione con l’altro (il mondo, il divino, l’ascoltatore, l’ispirazione) viene propiziata attraverso il suono, che è nel medesimo tempo mezzo e fine del rito, trasformandosi al termine in opera. Un viaggio lungo, attraverso movimenti che non spaventano più perché creati dalla stessa materia (sonora in questo caso) che ci permea. Un percorso lungo quasi due ore sviluppato in due dischi, accompagnato dalle immagini di Stefano Gentile e dall’artwork di Cristiano Deison. Un percorso ortodosso, nel quale perdersi con fiducia, coscienti che non ci sarà luce al finale.