Parte da un’idea folle questo disco di Enrico Ruggeri, anzi, di quell’idea è in qualche modo il punto d’arrivo, anche se non quello previsto. L’intenzione era di pubblicare per un mese un disco al giorno giungendo così alla cifra monstre di 30 dischi in 30 giorni: il progetto naufraga, ma una sintesi del meglio di quanto prodotto lo troviamo in questo As If. L’esplorazione continua nei territori di una musica dilatata e priva di battiti che non possiamo definire in altro modo che ambient: dopo aver forzato i limiti del genere inserendo la voce di Luca Barachetti nell’album collaborativo White Out Ruggeri torna su binari abbastanza consueti (la voce di Jennifer Williams compare solo nella breve traccia introduttiva) per un album che, stando alla cartella stampa, rappresenta la sintesi e probabilmente la fine di un percorso sonoro. In realtà, pur avendo ovvi di contatti con l’opera precedente, specie nelle morbide coltri che coprono la prima metà di // e nella gelida chiusura di ///// (con questo curioso sistema sono numerate le tracce del disco) As If contiene elementi di novità che potrebbero orientare il percorso in direzione prima non prevedibili, pur rimanendo entro quest’ambito. Lo capiamo presto, dalla seconda parte della già citata //: il tono si fa più inquieto, il suono, meno morbido, diventa vibrante e caldo e per qualche ragione mi vengono in mente i Popol Vuh più dilatati e meditativi. Li risento nelle prime note di /// – brano che sembra evocare i miraggi del deserto – ed è la conferma che stiamo scendendo a sud, passando da una luce fredda e accecante ad una più calda e diffusa. È tuttavia //// ad aprire le prospettive più intriganti: qui il synth suona come una chitarra che inizialmente intreccia interessanti tessiture folk-ambient e poi, procedendo per accumulo, vira verso un luminoso post-rock. /////, di cui già ho detto, evoca gli episodi precedenti della discografia ma non riesce a riportare il disco sui vecchi binari, rappresentando così una sorta di commiato. “Ci sono suoni e cromatismi per me in buona parte inediti” dice Ruggeri “tesi a evocare nuove possibilità di immaginazione”. L’idea è dunque quella di guardare avanti e questo disco riesce a farlo benissimo.