Dad They Broke Me – Rot (We Empty Rooms, 2010)

Fine della corsa per uno dei gruppi preferiti dal nostro amabile Radu Kakarath: il batterista va a vivere in Giappone e il gruppo australiano si ferma a tempo indeterminato. Peccato. Per tentare di consolarci ci lasciano in eredità questo vinile con CD accluso e splendida copertina color antracite con incrostazioni bituminose a formare nomi e titoli: un feretro di gran classe.
E di gran classe è il disco, con l’apripista Suture che mette in mostra le doti migliori del quartetto, quell’aria di Khanate passati in un tritacarne power violence e il corollario di urlacci, stop and go e chitarre che avanzano a fatica, un vero distillato di sofferenza. Nel corso del disco velocità e lentezza si alternano, ma è nettamente la seconda a prevalere, confermandosi il campo dove il gruppo sa dare il meglio di sé, facendo emergere una sporcizia che pare estratta a mani nude dalle viscere. È musica, quella dei Dad They Broke Me, che solo a tratti riesce ad articolarsi e che il più delle volte sfoga la propria frustrazione con battiti che sembrano mandati a 10 rpm ed elettricità statica che sfocia in sferraglianti impennate avant metal, a stento ingabbiate dalle strutture ritmiche. Valga per tutte la conclusiva (in tutti i sensi) Gutted Slowly, caos totale col suono che deraglia e va letteralmente in pezzi, per ricomporsi solo nel finale con un’improvvisa accelerazione che termina, presumibilmente, contro un muro. Si chiude qui: è stato un bel funerale.