Cortez – Phoebus (Get a Life, 2013)

Cortez

Una cascata lavica di feedback dalla pacifica svizzera. Pubblicano questo Phoebus, secondo disco sulla lunga distanza gli elvetici Cortez, già autori lo scorso anno di un interessante split con i Plebeian Grandstand, dimostrando di saper maneggiare con sapienza una materia noise-core quanto meno magmatica. Formatisi nel 2005, il trio francofono miscela in maniera sapiente le pulsioni distorte e sature della nuova scuola hardcore di matrice HydraHead.

Si sente già dall’iniziale Temps Mort, un subdolo incedere rumoroso dove i nostri piallano blocchi enormi di rumore: una ipersaturazione apprezzatissima e ottundente a volte fin troppo “piena” al punto di ridurre in secondo piano la ritmica, totalmente avvolta dal ronzio asettico del feedback. Meno belluini degli storici Knut, anche loro svizzeri, e capaci di riportare il paese delle banche e degli orologi a cucù sulla mappa della musica che conta, i Cortez non si dimostrano però affatto degli sprovveduti: i pezzi, che variano dagli otto ai due minuti, sanno anche mostrare profondità impressionanti e il gelido e chirurgico rumorismo non riesce mai a soffocare un animo umano ed emozionale. Animo tetro e oscuro come la copertina e la voce straniante che pare affogare nel muro potente e devastante di un formato sempre ad un passo dal limite sia nelle parti più compresse e “core”, sia nei passaggi più evocativi. E quando i riff non sono riverberi fini a se stessì, ma incalzano a dovere allora il gruppo sa anche far perdere la testa: niente paragoni, per Diana, ma la lezione del miglior noise-core è stata incorporata a dovere, e nonostante il suono abrasivo si ascolta con grande piacere. Croce e delizia per le nostre orecchie.