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Menace Ruine – Cult Of The Ruins (Alien8, 2008)

Il rock non è ancora deceduto. Forse non gode di ottima salute, forse è destinato a diventare lingua morta, universitaria, elitaria, da disquisire negli atenei e nelle logge massoniche, ma oggi non è ancora il triste momento. Questo duo canadese è senza ombra di dubbio la cosa più interessante ascoltata nel duemilaotto e difficilmente superabile entro breve termine. Non è harsh, non è black e nemmeno shoegazer: i Menace Ruine sono il riuscito punto d'incontro tra il rumorismo più bianco e l'epica drammaticità del nero metallo. E, tra l'altro, con un enorme spettro di potenzialità davanti a sé: non ci troviamo di fronte al punto di non ritorno di Scum nè comunque dinnanzi a qualcosa di insuperarabile.

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Insect Kin – Endless Youth And Other Disease (Autoprodotto, 2008)

Volonteroso quartetto lombardo che ancora crede nel grunge più puro ed intransigente. Riff ossessivi, taglienti, sofferti, quasi a voler ricordare che Kurt Cobain è morto per i nostri peccati e non lo dimenticheremo. Chissà… forse se si fosse suicidato Axl Rose la storia del rock si sarebbe arricchita, sebbene ora saremmo circondati da epigoni con la bandana in fronte, ma è inutile speculare su morti e morti viventi.

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The Points – S/T (Mud Memory, 2008)

Roba da far sembrare gli Zeke progressive con l'ukulele e i Ramones troppo concettuali per essere punk-rock, The Points, trio/duo(?) della Virginia, vanno giù a testa bassa coi soliti giri one-two-three-four, ma lo fanno a meraviglia. C'è da notare che il tasso di acidità della chitarra, gravida di fuzztoni e riverberi, fa spesso strabordare l'anima della band in un garage emozionale e volitivo, ma senza cedere un momento o tirare il fiato.

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Eat The Rabbit – S/T (Marsiglia/QueSuerte, 2008)

Amedeo Scofone è uno dei pochissimi artisti che canta come parla e quindi parla come mangia. Nel senso che ne riconosci sempre il caratteristico timbro tra "una papera inseguita dal cuoco" e "uno strafatto di paranoia". Comunque le qualità del giovane trio genovese degli Eat The Rabbit sono indubbie e di alto livello: si cibano equamente di neowave tastieratissima e slabbrata quanto avrebbero potuto concepirla gli El Guapo all'università e di quello spirito punk-Ikea che rende elegante ogni abitazione.

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