Bruital Orgasme – Méthodologie Contextuelle (Sincope, 2016)

Leggendo il nome del gruppo e conoscendo l’opera di indagine dei più reconditi anfratti del rumore portata avanti dalla Sincope avevo pensato fosse questa una di quelle recensioni che si scrivono da sé, giocando sul significato della ragione sociale del duo belga. In realtà basta un ascolto superficiale per accorgersi che sui due lati di questo nastro non di brutali orgasmi si parla bensì di profonda sofferenza; sofferenza di chi suona che, per una malsana osmosi, si trasferisce anche su chi ascolta. Non so dire se le precedenti produzioni dei Bruital Orgasme (questa è la tredicesima uscita, stando a Discogs) siano maggiormente aderenti al nome scelto ma qui troviamo un suono che avanza lento senza mai arrivare ad esplodere in una catarsi che sarebbe liberatoria. Per Philippe e Nath Cavaleri il rumore è l’alfabeto con cui scrivono ruvidi droni sotterranei, spigolosi momenti free e tessiture ritmiche usando come sillabe frequenze basse e sibili perfora-timpani, canti e melodie provenienti da vecchi nastri e vinili, conversazioni e suoni rubati al quotidiano con un registratore. Non manca su entrambi i lati qualche parentesi più pacata ma l’impressione è più quella di un tempo sospeso che di vera e propria pace. L’ascolto di Méthodologie Contextuelle lascia l’impressione di un lavoro estremamente curato dove i vari elementi vengono arrangiati seguendo una direzione ben precisa; i Bruital Orgasme si spingono dunque verso la musica di ricerca esulando dal consueto rumor bianco di matrice noise, per quanto al genere li apparenti un suono secco e diretto, estremamente materico e concreto. Potrà sembrare paradossale alla luce di quanto scritto in apertura ma è questo una nastro che si ascolta con piacere e addirittura invita al riascolto. Dovrò parlarne al mio strizzacervelli.