Baumschule – (39:12) (Three:Four, 2022)

Ancora una volta Svizzera, questa volta a casa di Three:Four Records, una delle etichette più interessanti degli ultimi anni al mondo. No, non sto esagerando, scorrete soltanto di un poco il catalogo: Norberto Lobo, David Maranha & Helena Espvall, Dan Oxenberg & Bear Galvin, Oba Loba, La Tène, Eric Chenaux (in diverse accoppiate ed accezioni, i miei due centesimi per quella con Eloïse Decaux), Delphine Dora, Loup Uberto.
Questo solo per contestualizzare un riferimento mondiale nel fare un certo tipo di musica, musica che uscendo dai parametri dei confini abbracciano psichedelia, candore, tradizioni e diversi gradi di calore. Già conoscete il mio amore per la varietà, il riuscire a connetterla all’interno della medesima cognizione di causa è quello che io chiamo riuscire nella propria opera, punto ed a capo.
Ora arriva Baumschule, nato in sessioni di improvvisazione tra tre musicisti elvetici che forse non vi diranno molto come nomi ma che, spulciati curricula e partecipazione a dischi beh, direi che sono più volte passati nei nostri stereo.
Il disco di Baumschule è l’essenziale, del quale basta soltanto il suono.
Inizia come una cheta massa ronzante, nella quale via via si innestano rintocchi, ritmi e riprese.
Raphael Loher al piano, Julien Sartorius alla batteria e Manuel Troller alla chitarra danno vita ad una coesione unica.
Sembra di ascoltare tre insetti di specie differenti intenti nella costruzione di un unico nido. Le motivazioni e le tecniche sono differenti ma quella che sembra essere una coscienza comune li porta ad equilibrarsi. C’è un forte sentire analogico in questo viaggio, un ripulirsi da arrangiamenti ed ammennicoli che rende il risultato di questo incontro ricco e goloso.
Talvolta aereo, a tratti romantico, spesso umano. Un vero e proprio vivaio di emozioni, le cui spore trasportano un suono, quello di un felpato percorso jazz, in ogni dove, unendosi ed allineandosi al nostro ritmo interiore (e viceversa). Ho ascoltato così piacevolmente questo disco che, sinceramente, spendere altre parole per provare a descriverlo è come cercare un succedaneo che dia pari godimento dell’originale.
Fatelo partire, non ve ne pentirete. Abbracciate il vivaio.