Quando avevamo perso le tracce di The White Mega Giant, il trio veneto stava evolvendo il proprio suono, partito da coordinate post-rock, verso orizzonti interessanti al confine con l’elettronica più scura e certo rock rallentato, pur lontano dalle pesantezze doom. Oggi, dallo spazio profondo, ci arrivano segnali di vita da Luca Marchetto, in arte Bad Pritt, che del gruppo era chitarra, voce e penna e che qui sembra sviluppare il lato più dark e sintetico del progetto originario, arricchendolo però di nuovi elementi e portandolo verso nuovi approdi. I movimenti lenti e le dilatazioni rappresentano il legame più evidente e logico col passato, ma il retaggio rock è tralasciato per far spazio a un’elettronica neoclassica (fondamentali gli archi di Valeria Sturba del duo OoopopoiooO) non di rado venata di pop. Lo so, visti i riferimenti la mano dovrebbe immediatamente correre alla fondina, ma il grande lavoro di scrittura operato da Marchetto e teso a bilanciare le varie parti, ci restituisce un’opera potentemente evocativa, capace di giocare con la magniloquenza senza scadere nel barocchismo e col pop senza apparire melenso. L’intro The Ghost In My Bed, pur nella sua brevità, ci dice subito quali saranno gli argomenti sviluppati nel lavoro: atmosfera drammatica degna del Carpenter di Prince Of Darkness, pulsazioni sintetiche a scandire il tempo e aperture orchestrali. Parte da queste premesse anche Stalactite_Stalagmite, ampliando il discorso con l’aggiunta di voci elegantemente pop e cadenze narcolettiche e ancora più in là portano Falls Like A Domino e Burning Bridges, con solo una minor presenza dell’elettronica. La traccia che però più di tutte lascia il segno è International Dark Sky Association, summa e vertice di quanto detto finora, che associa contemplazione e senso del dramma, poesia e critica tagliente (si ascoltino i campionamenti, solo apparentemente slegati dal tema del brano) in un viaggio notturno sotto un cielo al cui cospetto appariamo minuscoli. Se è vero, come segnala il comunicato stampa, che questa è musica eminentemente cinematica, lo è però, più che per la forma in sé, per la capacità che ha di utilizzare vari linguaggi, alternandoli come fossero cambi di scena e costruendo una narrazione in cui il rapporto con l’ascoltatore è aperto e in continua mutazione, fruibile su più livelli. Una rarità, in questo genere di cose.