Ayn & Marlen und Marlen – From The Floor Below (Toten Schwan, 2022)

Ricordate R. M . Renfield, nell’interpretazione di Tom Waits? Storia di 30 anni fa ormai, lo zoologo che dalla sua minuscola cella chiedeva un gattino, solo un minuscolo gattino con cui giocare. Ecco, Catabasi, l’incipit di From The Floor Below mi riporta a tali ambienti. Sofferenza, follia, ritmo. Ayn & Marlene und Marlene sono le due figure che immagino nascoste, negli antri sotto l’ombra del crocifisso ritratto in copertina. Giocano con le nostre percezioni, quasi incartando la propria musica e studiando come potrebbe l’ascoltatore reagire, come in My Body Made Of Nothing. Siamo in un territorio espressionista, dove rumori e cigolii vengono utilizati e riconosciuti come trucchi ma, in qualche modo, riescono ad incanalarsi nella nostra spina dorsale lasciandoci evidenti scalfitture. I suoni oscillano come pendoli, atmosfere che sembrano essere vecchi tòpoi, poi, d’un tratto, uno spettro che barcolla dagli anni ’80 più fiochi, wave dalla perfida Albione, chitarre rancide e nebbia.
L’impressione, a tratti, è quella di trovarsi in un gabinetto delle meraviglie in bianco e nero, dove vecchi carillon hanno ormai perso il tempo e si muovono a ritmo spezzato, creando un percorso distorto e disallineato. Si ondeggia a ritmi cupi ma mobili, circolari e con’idea di fondo che potrebbe essere quasi ritualistica e trance, come in Mémoires De Sous Sol. Quando appare, la voce di Marlen und Marlen colpisce a fondo, strumming cold-wave belata, quando invece si spostano su un twang western sembra quasi abbiano dimenticato un vecchio vinile sotto il sole prima di buttarlo in un sarcofago. Ma siamo già alla fine, alla risalita dall’Ade che porta il nome di Anabasi.
Che dire di questo misterioso duo? Stimolante, quando lavora sui grigi praticamente irresistibile. Sarebbe da portarseli a casa, lasciandoli lì nell’angolo, coperti da un telo nero, a suonare in stop motion. Grigie folate di ritmo, amare risate soffuse.
Brividi.