Alessandro Fiori – Mi sono perso nel bosco ( 42, 2022 )

Perdersi nel bosco può essere una cosa tremenda oppure bellissima. Scatenare il panico oppure aprire porte inaspettate. Alessandro Fiori mi ha sempre dato l’idea di essere persona che, in 25 anni di carriera, abbia rappresentato soltanto una una minima parte di sé. Bene perdersi quindi, come occasione per poi uscirne, presentarsi di nuovo ai suoi ascoltatori e scuoterli. “…prendimi la mano, che tu, trovi sempre la strada, quella è la casa dove stiamo”. Non viaggia da solo Alessandro, che insieme a lui c’è un parterre d’artisti. Da Giovanni Ferrario ed Alessandro Stefana (produttori artistici del lavoro), a Dario Brunori e Claudia Lagona, da Giuseppe Peveri a Jacopo Incani, da Massimo Martellotti a Lorenzo Urciullo, da Emanuele Maniscalco a Lea Mencaroni, da Luca Caserta a Niccolò Fornabaio, da Stefano Amerigo Fantoni a Marco Parente.

Accompagnatori che guidano Alessandro a rientrare entro i confini della canzone d’autore dopo il meraviglioso Plancton. Il bosco e la natura rientrano come un contorno che fa parte ormai della vita di Alessandro, che con famiglia vive a discreta quota e gode della vicinanza di civette, corsi d’acqua e rumori furtivi. Sapori onesti ed agresti, che spingono spighe in bocca come in Io e Te o richiamano addirittura un Cristiano Bugatti in Amami Meglio. La verve e la poetica di Fiori sono inimitabili e riportano sempre di più a lui soltanto. Con un suono che si fa a tratti pastoso ed a tratti aereo, si cade su relazioni zoppicanti e terminali, affrontate con disillusione lirica, suoni desueti e giocattoli claudicanti. Molti brani di questo parlano ( e di che si dovrebbe parlare del resto?) ma non hanno né soluzioni né ipotesi, soltanto rese, gradi alcolici in leggera salita e tentativi che ovviamente non funzionano. Fermo accanto a te ha una batteria talmente bella e casereccia da sembrare un giocattolo dentro quel gran carillon di campagna che è mi sono perso nel bosco.

Poi, beh, c’è Una Sera. Onestà straziante, il racconto di un rapporto, di una vita, del protagonismo, dell’ineluttabilità e dell’amore. Piano, chitarre, violini ed oboe. Un brano ENORME. Da qui in avanti il campo sembra allargarsi, per tematiche e suono.

Pigi Pigi appoggia un testo di Luca Caserta (patron del Godot Art Bistrot di Avellino) su tocchi di piano, portando ai travagli delle traversate e dei morti in mare un momento di emozione misurata ed aperta. Facendo scorrere il disco si ha l’impressione di come non sia necessariamente il 2022 ma potrebbe tranquillamente essere il 1982: in L’Appuntamento addirittura si potrebbe abbozzare l’entrata in una discotechina, ricordando una perdita in maniera controllata e calda. Che dire? Siamo al finale, con Troppo Silenzio, ennesimo lavoro di cesello che riassume tutto il lavoro “ ..la vita è solo un sogno dimenticato da un altro sogno che si è svegliato di soprassalto perché ha sognato troppo silenzio e si è spaventato”. Il silenzio fa paura, basta riempirlo, se si vuole, con i suoni di questo disco prezioso.