Marta Del Grandi – Selva (Fire, 2023)

Grandi erano le aspettative per il secondo album di Marta Del Grandi, scritto on the road ed a Berlino ma registrato nel suo buen retiro a Ghent. Con lei il suo quartetto di fidati musicisti e Bert Vliegen, già al fianco di Robin Proper Sheppard con i Sophia. Le movenze sono morbide ed i suoni aperti e bucolici. Marta dalla sua ci mette una voce che entra direttamente nel cuore ed un ottimo gusto, creando così le premesse migliori per Selva. Quando decide di prendere il volo, come in Chameleon Eyes, siamo di fronte e pindarici brani pop perfettamente costruiti e gestiti. Mata Hari e Snapdragon, i due singoli che hanno anticipato il disco, rientrano perfettamente nella poetica dell’album, che si dimostra sfaccettato ed intrigante ad ogni ascolto. Marta Del Grandi sembra prendere il mondo delle folksinger ricoprendolo di una lacca elegante e semplice, che riesce a far lucidare ed a far splendere voce e sottili arrangiamenti, dimostrando come non servano troppe sovrastrutture per raggiungere un risultato che lasci incantati. Già, che la semplicità di Two Halves è francamente irresistibile, mentre il ronzio della title track ipnotizza e seduce, sorprendendoci con una sorta di fiaba haiku in lingua italiana. Marta dà sempre l’impressione di avere tutto sotto controllo e di poter fare quel che voglia, dalle grandeur alla Lana Del Rey alle intimità di una Mia Doi Todd. Solo il tempo ce lo dirà, magari anche qualche live, per ora entrare in questa selva è stato parecchio intrigante e la voglia di uscirne è pari a zero. Speriamo solo che la sua End of The World no sia del tutto sincera, avendo così la possibilità di incontrarla di nuovo. Per curiosità mi sono riascoltato il precedente album di Marta, Until We Fossilize, rimarcando piccoli cambiamenti, aggiustamenti che lavorano per portare la sua musica ad un livello ancora più alto. Questo, la lingua di Selva, i Casinò Royale: Marta Del Grandi non si pone limiti.
Ah, per chi ancora se lo chiedesse: aspettative pienamente superate.