Yalisco – s/t (Table Basse, 2024)

Quartetto ginevrino al loro debutto, gli Yalisco mischiano inglese e spagnolo nel loro debutto, un album omonimo che ne svela riferimenti, ambizioni e doti. Pop assolato, quello che si suonava negli anni ’60 en la California, giusto crocevia fra mondo ispanico e statunitense. Trickling Sand e Mirada sono una sequenza che riesce nell’intento di dimostrare quanto la semplicità ed il buon gusto spesso paghino. Il basso borbotta mentre sostiene il resto della strumentazione, ma è il suo compito e quindi cerca sempre di rendere lineare l’ossatura dei brani, che si muovono leggiadremente, leggeri e vivaci. Con Better Days la voce del frontman la fa da leone, saltabeccando su melodie slacker, mentre con la successiva High Tide vibrano altissime, all’interno di un disco ormai più che delineato. Strumentali assassini e brani cantati come se fossimo sotto il sole calexicano, con la sfacciataggine del rock’n’roll e lo scazzo del più slacker di tutti, che, del resto, fa caldo e mi sembra anche dovuto il volersi chetare. Ed infatti c’ê spazio per una Azur che flirta con un’idea caraibica di bassa battuta, con il latino tenebroso (anche se corredato con le linee vocali più tradizionali di tutto il disco, quasi dei Buffalo Springfield bloccati in dogana). Con Someday chiudiamo un dischetto brillante, leggere leggere ma in grado di farci muovere gambette, cuore e spirito oltre l’ostacolo, in un ballo strascicato e latineggiante.