Per tutti voi che amate le sonorità più muscolari e il groove pesante potrebbe essere arrivato uno dei dischi dell’anno. Sono in cinque e vengono dalla zona di Baltimora: in meno di mezz’ora ci deliziano con dodici brani che senza perdere nulla del retroterra più urbano e violento del New York Hardcore si sposano a influenze e inflessioni eterogenee, cosa peraltro non nuova alle varie band che hanno messo la Grande Mela sulla mappa del rock più duro. Come dicevano è il groove a dettare legge sposano un’impostazione “core” con elementi che vent’anni fa avremmo detto crossover. E se le band di ispirazioni sono ancora (per stessa ammissione del gruppo) la granitica marcia di Madball e soci, qui e là arrivano super richiami a Rage Against the Machine (sia nella voce del cantante, già batterista dei Trapped Under Ice, sia nelle parti strumentali), voci sognanti e melodiche (Blue By You da dove esce?) , un’andatura marziale e scandita all’Helmet e la voglia di esplorare suoni altri come fossero dei piccoli Faith No More cresciuti nel territorio urbano dell’East Coast. Non sempre velocissimi (escludiamo alcuni pezzi, come l’esplosiva Drop) quanto più a loro agio in un groove bestiali e breakdwon spezzacolo, i Turnstile mostrano padronanza assoluta della loro musica regalando un disco ben suonato, composto e registrato alla grande da quel vate del giro hardcore che è Brian McTernan. Arrivati al disco sulla lunga distanza dopo due EP, i Turnstile sfornano un disco tamarro e anche un po’ “paraculo” non piacerà a tutti, ma che fa una degnissima figura e soprattutto si fa riascoltare senza tante preghiere. E rispetto ad altri dischi da “tough guy” suona anche meglio.