La voce, teatrale ed espressiva, quasi grandguignolesca di Thollem McDonas, rimembra antichi fasti di alcuni ragazzi pallidi, addirittura di Re ma con un’espressività lirica assolutamente personale, espressa mentre maneggia i synth in primo piano sul palco. Tale verve non svolazza qua e là casualmente, tutt’altro, è supportata da un carrarmato ritmico e plastico a cura di Andrea Caprara, Jacopo Andreini e Piero Spitilli, rispettivamente a batteria, chitarra e basso. Sono tornati gli Tsigoti, sono poveri, sono splendidi ed incazzati il giusto. No vacation from poverty è un disco omogeneo, ondivago è pressoché perfetto nel suo scivolare come la marea e la risacca, in una serie di ondate e risciacqui in cui il nostro salmodiane sbraita nel barcamenarsi della banda. Ci si ubriaca di storie, di ritmo, costruendoci viaggi mentali e proteggendoci da minaccia tetre e buie. Dentro ci sono circa 40 anni di trasversalità, dai The Ex ai Pere Ubu, dal Congo all’Inghilterra, dall’Italia agli USA, conditi da testi caustici e mirati. Quando i ritmi si chetano Tsigoti ci accarezza e ci ricopre come una calda coperta (Climate Climax) che temiamo possa prendere fuoco da un momento all’altro, tanta è l’intensità. Altrove, come in Panama Pandora Papers, il tessuto su slabbra ed è come se dei tizzoni di brace venissero eruttati qua e là. Thollem e la sua banda sembrano essere una congrega di folli, tanto sinceri da non venire considerati, le teste storte, ritmi sghembi e clamorosamente toccanti. Li aspettiamo dal vivo, per gettarci nel loro calderone e farci tutt’uno con la ciurma. Intanto sudiamo come il dannato in copertina, ripassando gli spartiti.