Night Sins – New Grave (Avant!, 2012)

Una delle primissime musicassette che acquistai, attratto dalla copertina (che, rivista ora, fa orrore…provare per credere) e con la casualità credo tipica di chi si approccia alla musica a quattordici anni, fu Carved In Sand dei Mission. Nome di culto che, credo, non sia passato alla ribalta, se non per il fatto che un paio di membri militavano precedentemente nei Sister Of Mercy fino a metà anni ottanta. Un disco quello forse un po’ pacchiano ma importante per gli ascolti futuri, sarà stato quell’approccio da nemesi degli U2, giusto sul finire degli anni ’80. Ed eccoci qua: dalle ceneri di due band hardcore si sono formati un paio di anni fa a Philadelphia i Night Sins che ricordano e molto i Mission più gotici (citati tra l’altro nella press sheet).

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iancurtis

Rock And The City – Death Is Not The End?

Quando queste righe saranno consegnate alla Rete delle reti, Pasqua sarà andata e venuta in un battibaleno, col suo significato di morte e resurrezione per chi conserva un barlume di religiosità. Non io. Mai avuta manco un'oncia, se è per quello, e men che meno in questi tempi disastrati. Nello specifico di quanto leggete qui sotto, tuttavia, la cosa non conta nemmeno un po'. Qualche settimana fa ho finalmente rimesso ordine tra le riviste del 2006 e, sfoglia di qua e rileggi di là, ho fatto due conti. Mi è venuta la pelle d'oca nel redigere la lista – solo mentale: guai anche a considerare di prendere in mano una penna – di chi se n'è andato dal variopinto e rutilante mondo del "rock". C'è un problemino, da qualche anno in qua: i musicisti che hanno fatto la storia (piccola o grande, non conta) divengono sempre più vecchi, scoprendosi, e scoprendoli noi, normali uomini. Quelli che non ci hanno rimesso le penne da giovani & belli, per incidenti o – come dire – malattie professionali, sono arrivati fin qui e rischiano di salutarci da un dì all'altro, né più né meno dei simpatici e solari vecchietti della bocciofila che incrocio al parco pubblico il sabato mattina.

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Crisis – Holocaust Hymns (Apop, 2006)

Finalmente dopo quasi trent’anni qualcuno si è deciso di a farlo. Stiamo parlando di una raccolta riassuntiva della miglior produzione di Douglas P. e Tony Wakeford del periodo 1977-1980, a nome Crisis. Inutile sottolineare che i semi del decadentismo marziale dei Death in June sono pressoché invisibili, almeno nel suono. Nei testi invece scorgiamo già la mortifera fascinazione per la vecchia Europa, quella sinistra (anzi destra) estetica che tanto farà discutere nei due decenni successivi. Il risultato è un algido post punk inglese, decisamente virato verso le ossessioni e le ripetività di Ian Curtis e della Nuova Onda albionica.

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