"Genova's best kept secret", ma sarà davvero un segreto? Alla fine io li ho scoperti con quel piccolo capolavoro (e non ho timore di esagerare) di Piume Che Cadono per la misconosciuta Zeith, ma avevano già dato alle stampe un disco per Snowdonia e qualche altra sporadica apparizione qua e là sulla rete. Gli St.Ride ritornano nella loro veste Mongoholi Nasi che già a partire dal nome svela un po' la doppia natura del progetto polarizzato dal piacere nel giocare da una parte e dalla musica "seria" (perchè esiste musica che non lo è? Anzi esiste musica che è realmente seria?) dall'altra. Per chi non avesse confidenza con St.ride, potremmo cercare di inquadrarli dicendo che sono il sogno pop degli Starfuckers, oppure l'incubo elettronico di Ayler e Coleman, oppure ancora Stratos e Cage con dei black out cerebrali ed un retrogusto chic. Mongoholi Nasi preme ancora di più sul fattore chic "fracassone" del duo e se detta così potrebbe sembrare una cosa brutta, in realtà per gli affezionati dei genovesi offre un "cut up" in cui la voce prende sempre più piede, la melodia a differenza di "piume che cadono" è quasi asportata dalle basi, ma rimane solo nella voce. Spesso si parla di musica sperimentale a sproposito, negli St.Ride invece questo fattore prende piede in modo molto naturale e con un sapore che direi anni '70, sia per la scelta dei suoni che per il gusto nell'assemblarli. Visto che nessuno viene dal nulla, gli St.Ride attingono da un pozzo di idee tutto sommato poco praticato e lo fanno (a differenza di altri) in modo del tutto naturale. I genovesi sono un gruppo singolare che ha estimatori illustri come De Waard di Vital Weekly visto che uniscono un'estetica quasi da elettronica analogica ad una vocazione free nel senso più jazz del termine, anche l'elite del gruppo Dada li avrebbe amati.