Neunau – S/T (Parachute, 2016)

Il 12” d’esordio di Neunau è il punto d’arrivo d’un lungo percorso di studio (ma si potrebbe dire di vita) del camuno Sergio Maggioni (già Hot Gossip), tornato nella sua terra d’origine dopo anni trascorsi sull’asse Milano-Berlino. In Val Camonica ha riannodato i fili con un passato che va ben oltre la sua età anagrafica e ha realizzato un lavoro che proietta nel presente una cultura millenaria, evidenziando senza forzature la continuità fra ritmi antichi e nuovi. Tutto parte da un’antica forgia di Bienno (BS): ogni suono dell’officina, dallo scorrere dell’acqua che ne è il motore al battere dei martelli e del maglio, è stata registrato e immagazzinato per poi essere combinato nello studio di registrazione con sensibilità moderna ma senza tradire lo spirito originale delle fonti sonore (qui trovate un interessante dietro le quinte). Il risultato è questo 12” di quattro brani, un saggio esauriente ma che lascia solo intravedere le potenzialità di un simile progetto. In Neunau e Mapas, i due pezzi del primo lato – il più minimale -, i ritmi del lavoro manuale prendono la forma di una techno a tratti veramente tribale dove ritmi e suoni metallici si sovrappongono quasi a voler indurre uno stato di trance. Quella che ci parla in questi brani è la voce di un tempo non lineare ma ciclico dove i picchiettii degli antichi camuni che colpiscono la pietra per incidervi immagini sacrali sfuma nel suono nelle forge che per secoli hanno animato l’economia della valle e oggi diventa musica che fa del passato una dimensione vitale del presente. Il secondo lato mette in luce un altro aspetto di Neunau, mi verrebbe da dire quello più musicale: Enes Au sfoggia qualcosa che parrebbe essere un synth (e davvero, anche processando le frequenze, mi chiedo cosa si possa trovare in una fucina che suoni in questo modo) e si fa amare con le sue atmosfere quasi dance anni ’80, mentre Teniau è il brano più d’ascolto del disco, musica contemporanea priva di ritmi che potrebbe venire felicemente riarrangiata con fiati ed archi, ma che, ancora una volta, non so dirvi da cosa sia prodotta; un’esperienza davvero straniante, un po’ come tutto il disco d’altra parte. Figlio di un concept forte, direi anche importante, Neunau ha il grosso merito di non sacrificare la musica all’idea: il suono gode di una propria autonomia e anzi dona allo studio etnografico che sottende all’operazione una dimensione emotiva fondamentale per la sua comprensione. Il terreno è fertile: attendiamo con curiosità e fiducia le prossime mosse.