Il potere ed il mistero della fisica quantistica, i buchi neri. Temi forti a livelli sonori, considerando il fatto che, nello spazio, non dovremmo avere suoni. Perché allora questo rumore, questi clangori che sembrano essere sciabolate nel lavoro di Gedron, alias di Gerardo Fornaro? Forse la soluzione va cercata nel nome dell’etichetta che produce questo lavoro, quella Suoni Possibili di Luca Sigurtà e Sergio Sorrentino che prova, nonostante tutto, a creare ponti impossibili verso direzioni impervie. In questo caso Gerardo vive di luce riflessa, nel senso che sembra lanciare suoni nel cosmo attendendo risposte, sonore, luminose, animate. Il primo pensiero va alla scuola tedesca, a quel Klaus Schulze che, mai domo, lanciò altrove i suoi segnali. Oppure addirittura al Voyager Golden Record, lanciato chissà dove nel 1977 e che probabilmente sta orbitando da qualche parte sperando di trovare un proprio pubblico, chissà. Certo è che quando Gedron decide di percorrere umide strade battute riesce ad andare in profondità, nelle profondità Dub di Fuga in Mauritania.
L’alterità spaziale di Gedron è tale che, quando un suo brano è caratterizzato da un vocale intelleggibile, non può essere che Illusione il suo titolo. I suoni sembrano essere quelli di grandi lastre carezzate dal vento, come un ventaglio di sintetizzatori che ci muove i capelli e l’anima. Altri brani sono caratterizzati da suoni selvatici, altri, che cororno il rischio di creare nervosismo e tensione, vedasi l’Oumuamua titolato come il primo asteroide interstellare mai scoperto. Ma la sensazione è quella di un pericolo sotto controllo, giostrato con grazia da un maestro di cerimonie che veglia su di noi e ci accompagna, quasi come fossimo in una pratica ascetica o meditativa, sicura anche se aspra e torva. Come leggere poi una Ghost Track in questo ambito? Sciabordio cosmico, tumulti gassosi, nulla di rassicurante, nessuna sorpresa, forse per la prima volta il sentimento di trovarci di fronte a fenomeni che non riusciremo a capire fino in fondo, fermandoci quindi ad imitare il nostro anfitrione all’opera, per non incorrere in danni irreparabili. Cerchiamo un segno, un passaggio, una linea musicale. Cerchiamo Gedron, sguardo fisso, un sintetizzatore a dialogare con un mondo che solo lui sembra essere in grado di vedere.