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Woods – Songs Of Shame (Woodsist, 2009)

Piccoli grandi album ogni tanto spuntano fuori, specie in questo terribile 2009 di crisi. Quei dischi fatti con poco, piccoli ma rubusti ritornelli tenuti insieme col nastro adesivo e tante altre sorprese. Uno di questi è Songs Of Shame dei newyorkesi Woods, in pratica un duo, che vede coinvolti Jeremy Earl (Fuck It Tapes, Meneguar e gestore della stessa Woodsist) and Jarvis Taveniere (Meneguar, e chi altri sennò?). Certo lo fi da qui può in qualche modo  ripartire. Usciti per la stessa label che ha già rilasciato band come Vivian Girls e Wavves tra i tanti, gli Woods si distinguono un pochino, pur facendone parte,  dalla scena shitgaze per il loro incedere più campagnolo e meno rumoroso, riportando alla memoria i talenti di eroi arrugginiti come Guided By Voices o anche i Pavement più pastorali.

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The Lodger - Flyer

The Lodger + Je Suis Animal + Esiotrot + Mexican Kids At Home – 06/02/09 Bardens Boudoir (Londra)

Colgo l'occasione di una recente visita nella capitale dell'impero, quello del bene, e cerco di orientarmi rispetto alle nuove coordinate di una città che "ogni tre anni cambia tutto". Sono circa sei anni dall'ultima volta e, quindi, deduco che due cicli di rinnovamento basteranno ad aver spazzato tutti quei pochi punti di riferimento che ancora avevo. E, infatti, ben poco è rimasto e, ancor meno, è destinato a rimanere. Architettonicamente, a livello di locali, negozi e persone. Ma anche nei gusti di un pubblico eterogeneo al massimo, di provenienze disparate e gusti di ogni sorta. Prendiamo ad esempio il britpop: per come lo intendevamo, si è diviso in due tronconi ben definiti: il mainstream riconosciuto in quanto tale, più rock e vendibile, e l'indiepop legittimamente figlio della defunta Sarah e della mai del tutto sopita e ventennale Slumberland.

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La Batterie – He Ate A Lamp Now He’s A Fan (Cake And Coffee, 2008)

"Una versione spongebob dei Sonic Youth", e stavolta chiunque abbia inventato questa definizione per il terzetto berlinese un po' c'ha preso. Mai vista una pronuncia inglese con un accento teutonico tanto marcato, forse solo Nico ci andava vicino. Idee bizzarre che vagano tra Deerhoof (Jump And Run), un certo amore per le dissonanze: il chitarrista e singer Pascal Aperdannier con la batteria in evidenza di Anne Paschvoss pronta a sfasciarsi da un momento all'altro e la pianola del fratello Mario, sembrano proprio non soffrire la pressione di dimostrare a tutti i costi le loro capacità tecniche. Ecco sì, certi giri rimandano chiaramente ai primi Pavement (Spring, Milk And Die), sebbene in questo caso c'è forse ancora meno voglia di prendersi sul serio.

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The Wagner Logic – Easiest To Grab (Wilderhood, 2007)

C'è ancora posto per un disco di rock indie melodico che si faccia ancora ascoltare senza cominciare a sbadigliare? Anche se ho sempre maggiori dubbi, devo dire che per fortuna con questo Easiest To Grab dei Wagner Logic posso dire ancora una volta sì… Facendo tesoro di praticamente tutti i trucchi del mestiere questi quattro tizi dell'Alaska hanno preparato un miscuglio di rock dai mille riferimenti ma allo stesso tempo amalgamato, misurato e catchy: un piacere per chi ha amato Flaming Lips, Grandaddy e Pavement.

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