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Radio Birdman – Zeno Beach (Crying Sun, 2006)

L’uomo uccello della radio (velo pietoso sulla traduzione italiana di un nome che in inglese è semplicemente fenomenale; e vi risparmio la genesi) vola ancora. Anno 1981 d.C.: esce il loro secondo e ultimo album in studio (non terremo conto di ep, live, live in studio, raccolte e bootleg vari che sono stati pubblicati a pioggia nel corso degli anni a seguire). Ben 25 anni dopo – non prima di averci regalato un tour di reunion in grande stile – gli arzilli anzianotti australiani (diciamo che siamo sui 50, come media di età) pubblicano un album in studio e non si accontentano di aver scritto nuovi pezzi. No.

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Chrome Division – Doomsday Rock ‘n Roll (Nuclear Blast, 2006)

Ho deciso di dare una svolta alle recensioni di brutti dischi per non prendermi una patente pirandelliana.Con orgoglio posso dire che questo è il disco dell'estate. Sì lo so, la copertina è frusta come il pannolino di un neonato, ma non importa: se ancora credete che The Ace of Spades sia il disco più grande di tutti i tempi, se criticate agli Entombed di non essersi mai coordinati completamente nella successiva svolta stilistica, se siete brutti, unti, grassi e scoreggioni: ebbene, questo album è per voi. Ma può esserlo anche se siete belli e stilosi come il sottoscritto.
Chitarre crushing, suono gonfio come la pancia der Bisteccone, tiro turbo e voce da uomo delle nevi. I Chrome Division potrebbero  durare anche solo lo spazio di un disco soprattutto per la genesi da quasi side project, ma a me basterebbe per farmi passare un' estate pari a quella di Vamos a la Playa

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Beasts of Bourbon – the low road (Red Eye/Polydor, 1991)

Le Bestie del Bourbon erano abituate a vedere canguri e koala che gli attraversavano la strada mentre vagavano in mezzo a mezzi deserti e piane brulle. Ci siamo capiti: Australia, baby. Le Bestie del Bourbon, nel 1991, firmavano il capitolo finale della loro discografia non postuma.Quattro album, quattro.
The low road è l'ultimo lavoro della band prima di esplodere. E, a onor del vero, nemmeno il più devastante. Per l'impatto ruvido e la forza abrasiva ci si deve rivolgere a cosette come Sour mash, tanto per dirne una. O a The axeman's jazz.
Quello che abbiamo qui è, invece, un ritratto di quelli che vanno annusati, sentiti e vissuti, per essere compresi al 100%. Uno di quei capolavori-non capolavori. Manifesti di vita, istantanee apparentemente sceme che riviste ad anni di distanza fanno più effetto di un quadro di Magritte.

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