All Tomorrow's Parties 2000 - Camber Sands, 07-08-09/04/00

Il festival dell'anno? 7,8 e 9 Aprile nel centro estivo di Camber Sands, raggiunto attraversando la campagna inglese con un trenino a due vagoni, a pochi chilometri da Dover. Bel tempo (un miracolo!), ambientazione fantastica, con gli chalet del centro estivo invasi da un buon numero di appassionati, il mare a due passsi, la pista dei go kart, il campo da calcetto, la tv a circuito chiuso che trasmette film tra cui Shining, Blade Runner e Apocalipse Now, il pub sempre aperto ma soprattutto due palchi a disposizione per un bill deciso dai Mogwai (notate il manifestino dove prendono in giro gli Oasis) e con una tale aggregazione di bands di qualità da essere inimmaginabile, ai confini della realtà!
Come sempre ci si trova sballottati tra uno stage e l'altro, però questa volta le scelte sono veramente in grado di creare dei rimpianti, fin dall'inizio: si parte subito con Scott4 oppure Hood, ma i secondi sono nel mio cuore già da qualche anno e non mi faccio certo pregare; nonostante il set molto breve, i ragazzi di Spofforth Hill mostrano in pieno tutte le loro qualità ed i loro difetti, infatti non sono grandi musicisti dal punto di vista tecnico, ma con quel poco che sanno fare creano musica ad alto tasso emozionale, il set è veramente coinvolgente e lascia con l'impalpabile dolce malinconia del miglior indie lo-fi imparentato con l'elettronica povera. Ma non c'è tempo per le pause, meglio perdere i Ten Benson o i Radar Bros? Indeciso resto sul second stage per i secondi, visto che le canzoni del loro ultimo The Singing Hatchet sono perle di rock cantautorale americano di prima qualità: anche dal vivo non si smentiscono, creando un ottimo feeling con il pubblico, con l'altissimo e dinoccolato Senon al basso ed ai cori veramente trasportato dalla musica della band, che sembra tutta in uno strato di semicoscienza, concentrata al massimo per rendere l'intensità emozionale delle ballate e dei midtempo che rendono pienamente nell'atmosfera molto familiare del festival. Infatti è proprio questa la caratteristica che rende la fruizione dei concerti naturale e più profonda rispetto ad una normale manifestazione di questo genere: musicisti al pub a parlare con i fans oppure a vedere suonare i colleghi rendono il Camber Sands Holiday Centre un luogo fuori dal mondo (qualche esempio? Labradford che giocano a basket, Steve Shelley che curiosa allo stand dei gadget, gli Hood che ballano fino a notte fonda nel dopo concerto, ...). Arrivati al terzo concerto del giorno è inutile fingere con me stesso: Tarwater ma soprattutto Labradford e Godspeed You Black Emperor! hanno vinto la gara con un main stage composto comunque da pezzi da novanta come The High Llamas, Stereolab (visti pochi mesi prima) e Super Furry Animals; opto quindi per restare sul second stage fino a notte, osservando subito i bravi tedeschi con le loro attrezzature digitali ed analogiche fornire un buon campionario di musiche elettroniche, seguendo la migliore tradizione della loro terra d'origine. Il meglio della giornata però viene da due delle band più soporifere del festival! Prima i Labradford con una intensa suite in parte improvvisata creano un'ora di atmosfere atonali ed eteree, stremando una buona parte dell'ascolto ma convincendo i fan più accaniti come il sottoscritto con una ottima intesa tra i componenti della band e come sempre una ottima scelta delle atmosfere. Altri discendenti della colonna sonora morriconiana sono i Godspeed You Black Emperor!, che ribadiscono questa loro caratteristica grazie ad un paio di proiettori che illuminano il palco di volta in volta con disegni, filmati e frasi davvero molto suggestivi nell'insieme del concerto: nota a chi li ha già visti dal vivo è la grande capacità di coinvolgimento che funziona anche nonostante l'ora tarda e la visibile stanchezza dei presenti; uno show lungo ma ben calibrato, che rende giustizia a questa band non così efficace su disco come dal vivo. La serata movimentata fino alle cinque del mattino dai DJ Mo Wax non ho avuto la forza di reggerla, per cui ho perso anche il set dei South, uno di quei gruppi di cui tutti parlano, ma che nessuno ascolta.
La notte di riposo si è mostrata utile per reggere la seconda leggendaria giornata del festival: si esibivano infatti come headliners Shellac e Sonic Youth opportunamente messi a suonare in orari sfasati dopo le molte proteste. La giornata comincia comunque con i Motor Life Co, che presentano un breve set in verità molto debitore ai Mogwai, anche se gradevole; subito dopo arrivano i Ganger con un concerto permeato da una strana tensione, che si spiega quando la bassista annuncia che questo sarà l'ultimo show della band, a causa dell'abbandono dell'altro bassista per una non meglio precisata band americana. Nonostante ciò il gruppo mostra comunque le sue qualità, e, dopo un breve salto a vedere gli scatenatissimi ed eccitanti And You Will Know Us By The Trail Of The Dead si cade nel torpore languido del set di Mark Nelson aka Panamerican, in cui la fa da padrone un drone lungo tre quarti d'ora, che attanglia il pubblico in una morsa serrata, facendo cadere molti in una vera e propria catalessi! Dopo si esibisce Brian McMahon (ex-Slint) con la sua nuova band, The For Carnation, offrendo lunghe canzoni buie e dense di emozioni, debitrici forse di certe atmosfere degli anni ottanta, ma non convincenti purtroppo come la sua band di origine, obiettivo del resto non facile. Verso fine serata uno slalom obbligatorio: prima Arab Strap sul primo palco, poi Shellac sull'altro e in seguito di nuovo indietro per Sonic Youth. Gli scozzesi sentono forse forte l'atmosfera del festival, oltre che la massiccia presenza dei fan di casa (un gran numero di bus sono stati organizzati da Glasgow per venire a Camber), l'effetto è che la band si prodiga in uno show denso di pathos e suonato con foga, al punto che in una jam finale Aidan Moffat suona un tastierino addirittura picchiandoselo sulla testa, facendo contemporaneamente partire un loop di batteria elettronica. Le loro canzoni sono come sempre intense e scure, ma non c'è tempo per le riflessioni del dopo concerto, perchè mi accorgo che Shellac stanno già suonando! Corro al second stage dove c'è uno strano silenzio: appena entrato vedo Bob Weston e Steve Albini che parlano con il pubblico! Lo show va avanti tra domande sarcastiche, stupide, serie, alle quali la band risponde in maniera simpatica, ma anche dura (la risposta più frequente è "shut up, fuck up!"). La musica segue geometrie rigide e sonorità marcate, aiutate anche dalla composizione del palco simmetrica: a destra Weston al basso, a sinistra Albini alla chitarra, entrambi con dietro enormi casse e grossi amplificatori autocostruiti da Steve, il batterista Tod Trainer è tra gli altri due componenti e non dietro; ciò che più emoziona è la perfetta intesa tra questi tre forsennati che inanellano uno stacco micidiale dopo l'altro con pause cariche di pathos. A fine concerto Bob saluta ed invita tutti ad andare sull'altro palco a vedere i Sonic Youth. Non mi faccio certo pregare e dopo una piccola pausa al bar (trovare il momento per mangiare è una operazione difficile), vado sul Main Stage per assistere al concerto dei newyorchesi; rimango attonito nel vederli cominciare il set con un inedito lungo una mezz'oretta, in cui Kim Gordon recita/canta con una voce più stridula del solito. Non mi lascio prendere dalla abituale stanchezza di fine serata e resisto un brano inedito dopo l'altro, ma al primo brano dei bis, dopo un'ora di concerto, alla vista di Kim con una velenosa trombetta alla Jim O'Rourke mi rendo conto che è troppo per le mie orecchie e mi appoggio ad una colonna, giusto in tempo per sentire l'unico pezzo già edito, Sunday da A Thousand Leaves. Che dire di questi brani, probabilmente quasi tutti pezzi da SYR piuttosto che da Geffen: presentarli dal vivo inediti non è il miglior modo per farli apprezzare, visto che si tratta di musica per nulla facile; c'erano molte cose buone, ma l'effetto finale è stato deludente, forse perchè Kim ultimamente strascica troppo la voce, e nonostante come sempre il pezzo cantato da Ranaldo fosse il più bello. I Sonic Youth possono davvero permettersi di fare ciò che vogliono a questo punto della loro carriera, ma un concerto in parte più canonico a mio avviso avrebbe avuto un resa migliore. Segue una nottata passata ad ascoltare il DJset della Warp, ed in particolare Aphex Twin, straordinario manipolatore sonoro che ha coinvolto moltissime persone fino alle cinque di mattina con i suoi ritmi sincopati e le sue pause ad effetto, sorprendendo anche chi come me aveva già una grande stima per lui.
Dopo poche ore di sonno ed una gara sui go-kart mi appresto ad affrontare l'ultima giornata: dopo un ritardo tecnico durante il quale ho visto sul second stage gli insipidi e poppettosi Alfie, sul main stage si comincia in quarta con gli ottimi Two Dollar Guitar, con ottimo indie cantautorale, band composta tra l'altro da Steve Shelley e Tim dei Fuck, ai quali si aggiunge in questa straordinaria occasione Alan Licht, l'Evan Dando of noise, che non contribuisce in alcun modo al suono della band, limitandosi a suonare due accordi di tastiera, ma si sa le partecipazioni eccellenti sono anche questo. Il palco secondario oggi viene da me trascurato per seguire subito dopo Bardo Pond, molto interessanti con i loro droni chitarristici che a volte ricordano certe cose hard psichedeliche anni settanta, sono un gruppo interessante e molto efficace dal vivo. In seguito uno dei più interessanti gruppi dell'intero festival, Sigur Rós: una band Islandese che suona lunghe composizioni emozionali cantate in un linguaggio completamente inventato (non che se cantassero in islandese per me ci sarebbero differenze) con una splendida voce acuta e dolce, in una atmosfera straniante, come un ibrido tra un certo tipo di progressive e alcune cose dark-esoteriche del decennio successivo. Nei giorni e nelle notti successive del festival si è sentito spesso urlare a squarciagola "itiuuuuuuuuuu", il canto di Svefn-G-Englar, fatto che ben chiarisce l'impatto di questi suoni sul pubblico. Non c'è stato comunque troppo tempo per rilassarsi dopo queste emozioni poichè dopo dieci minuti dello show degli ottimi Sophia sul second stage, un altro pezzo da novanta si è presentato sul palco principale: Papa M, la nuova incarnazione di Dave Pajo, che ha surclassato il suo ex compare McMahon presentando una serie di brani tratti dai suoi dischi di studio con una freschezza e un lirismo ineccepibili, mostrando tra l'altro le sue ottime capacità musicali, in uno show retto unicamente dal suono meraviglioso della sua chitarra e dalla vena funambolica dell'ex Slint che ha deliziato la platea nel finale con un lento, intricato e abilissimo medley fra un suo brano e Turn Turn Turn dei Birds, mostrando ancora una volta la sua estrema abilità nel coverizzare artisti lontani da lui (sul mini October c'è una commovente cover dei Misfits). Dopo questo fiume di emozioni mi sono concesso una pausa al pub, durante la quale ho sgranocchiato qualcosa e ascoltato echi di Gorky's Zygotic Mynci, per prepararmi al gran finale con Mogwai; questi ultimi purtoppo non mi hanno convinto troppo, dato che mi aspettavo una performance esplosiva come quella da me vista al Binario Zero a Milano, cosa che invece non è accaduta. Sentore di un parziale cambiamento di rotta della band erano le palle tipo febbre del Sabato sera fatte appendere sopra al palco: l'aggiunta poi di una violinista non ha giovato ai suoni della band, venuti fuori troppo leccati e compressi rispetto alle consuete scariche di watt. I nuovi brani sono apparsi lunghi e al limite dello sfiancamento, ma sono sicuro che le composizioni avranno un altro esito se affidati alle sapienti mani di Dave Friedmann come è successo per Come On Die Young.
Cosa si può dire a suggello di tre giorni di questa caratura? Pensate poi al contorno del festival, con stand improvvisati di etichette come Bearos e 555 Recordings, fanzines, hotdog, birra...
Pensate che il prossimo anno organizzano i Tortoise e sono già confermati Neil Young ed i Kraftwerk!

Affermate che i SR cantano in un linguaggio
inventato, il che è inesatto: questo succede solo
in 2 canzoni dell'ultimo album. Le altre sono in islandese.
Comunque keep up the good job ;)
Snow

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