Godspeed You Black Emperor! - f#a#infinity (Kranky, 1998)

La Kranky, meglio nota per essere "l'etichetta dei Labradford", tiene fede al proprio motto ("musica per i sogni e per la vita") pubblicando il disco d'esordio di questa affascinante formazione canadese, dal nome incredibile (trattasi del titolo di un vecchio film giapponese in b/n…), che ho avuto la fortuna di conoscere grazie ad una emozionante esibizione al Goa Boa Festival di Genova. La band, che proviene da Montreal, è in realtà un collettivo di 9 membri, così strutturato: 3 chitarre, 2 percussionisti, violino, violoncello, glockenspiel e tape loops. La loro proposta musicale si potrebbe riassumere come un mix di Labradford, Rachel's e rex: una musica dal sapore dolce-amaro, estremamente intensa, meditativa, cerebrale, malinconica, che dal vivo si traduce in una esperienza monumentale. "Sontuosi, densi, ipnotici paesaggi sonori che mozzano il fiato…" (Transmission). Si fa presto a dire: post-rock… In questi suoni c'è evidentemente l'insegnamento delle formazioni citate, ma rivisto secondo una attitudine rock à la Mogwai che traspare dall'utilizzo del rumore, delle chitarre ora sibilanti, ora stratificate, che alternano così parti movimentate ed in crescendo alle sezioni (predominanti) più calme e tristi. Il disco - originariamente realizzato solo in formato LP per la Constellation - è un lavoro completamente strumentale (se si eccettua qualche inserimento di parlato) della durata di circa un'ora, composto da 3 lunghe tracce suddivise a loro volta in diversi episodi indipendenti. Se da ciò deriva una certa frammentarietà dell'opera, è anche vero che in tal modo essa si può presentare facilmente quale colonna sonora di un film immaginario (forse quello della nostra vita?), con un inizio, una fine, e alcuni temi principali: in effetti si potrebbe considerare f#a#infinity quasi un concept-album, dove l'apparente riferimento alle note musicali (fa diesis, la diesis…) diventa l'esemplificazione di rimpianto e desiderio, paura e speranza, al centro dell'esperienza dell'umano esistere; il tutto inquadrato in una visione drammatica e deprimente del mondo, ma che lascia uno spazio, appunto, alla speranza. Molte altre idee si trovano nel disco: morte, separazione, scorrere della vita e del tempo…E tutto senza che (quasi) mai si ascolti una parola! Null'altro che suggestioni musicali (la cui comprensione è facilitata dallo splendido booklet), impossibili da ascoltare/vedere senza partecipazione emotiva. Il disco è un continuo crescere, rallentare, spegnersi, e poi ancora crescere e intensificarsi… Ognuno troverà momenti di maggiore o minore coinvolgimento in diverse parti del lavoro, siano esse poste all'interno di The Dead Flag Blues, East Hastings o Providence (terza e ultima traccia, la più complessa e forse la migliore, con tanto di pezzettino nascosto). Restano da dire due cose: la prima, forse ovvia, è che si tratta senza dubbio di un disco difficile; l'altra è che l'impatto emotivo che questa band suscita dal vivo è enormemente superiore a quello possibile tramite il CD, ed è per questo che consiglio a tutti l'impagabile esperienza di un concerto dei GYBE! prima ancora dell'acquisto del loro lavoro, certamente unico ed ispirato, ma non degno della loro grandezza. "…E il futuro è ancora desolato, incerto e stupendo…e quando chiudiamo gli occhi tutto ciò che riusciamo a vedere è: una strada aperta, pali del telefono, un sole sempre al tramonto, e una melodia confusa che lentamente cade…"

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Godspeed You Black Emperor! - Slow Riot For New Zero Kanada EP (Kranky, 1999)

La più recente fatica di questo ensemble canadese è uno stupendo EP della durata di circa mezz'ora, contenente due lunghe tracce strumentali che proseguono il discorso iniziato con l'ottimo esordio f#a#infinity. L'iniziale Moya ripropone perfettamente le caratteristiche peculiari del loro suono noisy-morriconiano, risultando dinamica e coinvolgente, proprio come durante le performance dal vivo. La sigla BBF3 sta invece per Blaise Bailey Finnegan III°, il cui polemico e disilluso discorrere di temi socio-politici, registrato per strada, costituisce la base del brano (indimenticabili le risposte alle domande "credi che le cose andranno meglio o peggio nel futuro?" e "come ti aspetti che sarà il 2000?"…provate ad immaginare!); inizialmente trattenute sullo sfondo, chitarre ed archi si fanno lentamente strada e sprigionano infine tutta la loro energia e carica emotiva, con la creazione di prolungate atmosfere magnetiche. Il suono, triste e leggero, si libra in aria e ricade più volte nel corso di questo come del precedente disco. Mai prima d'ora spleen e malinconia erano apparse così sontuose e splendide.

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Godspeed You Black Emperor! - Lift Your Skinny Fists Like Antennas To Heaven (Kranky, 2000)

Il secondo album della cult-band canadese è un monumentale doppio CD, al solito estremamente pretenzioso, che non cambia di una virgola il loro suono nè la loro attitudine. Stesso contenuto, stessa forma: infiniti paesaggi post-rock inseriti in un contesto vagamente filosofico-intellettuale molto romantico. All'interno, una specie di "guida all'ascolto" svela titoli e sottotitoli di ogni brano (anche questi molto pretenziosi); per quanto non esistano palesemente vere e proprie canzoni, essendo tutto un continuo viaggio immaginario, un'esperienza in musica, ai diversi momenti dell'opera vengono dati significati che poi ognuno può approfondire a modo suo. Il primo CD segnala due tracce per un totale di quarantacinque minuti, il secondo dura poco meno. Inutile soffermarsi sui particolari: si ascoltano gli stessi maestosi silenzi, la tensione epica, la struggente malinconia, le solite improvvise accelerazioni, le impetuose cavalcate, le esplosioni sonore. Alle chitarre - ora rarefatte, ora ululanti - si accavallano spesso registrazioni di voci ignote, e si accostano pianoforte, fiati ed archi, tutto come da manuale.
Nulla di cui stupirsi, dunque: niente di più che altri buoni motivi per attendere con ansia l'occasione di un'esibizione dal vivo, in cui meglio si rivela l'abbagliante talento del gruppo.
Chi li ama continuerà ad amarli; per gli altri, probabilmente, una incomprensibile noia mortale.

Nonostante io sia solitamente propenso a scrivere molto
ora non ne ho voglia complice anche il fatto che giudico Lift you
skinnt etc un capolavoro di una tale profondità e carica emotiva
da far si che qualsiasi parola in proposito sia inutile..è
semplicemente un disco da vivere..saluti
ktuluke

nonostante i primi 8 minuti di questo disco
siano tra i più belli mai scritti...
...non è che li stiamo tutti sopravvalutando un pochino?
o sono io che divento sempre più schizzinoso?...
Poncho

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Godspeed You ! Black Emperor - Yanqui U.X.O. (Constellation, 2002)

Tra uscite di side projects e collaborazioni non si sentiva certo la mancanza dell'ensemble canadese, ma la notizia che questo nuovo disco sarebbe stato prodotto dal signor Steve Albini se non altro incuriosiva un po' tutti. Ora, queste cinque tracce (per settantacinque minuti) non stupiscono più di tanto: il disco è esattamente come mi aspettavo: il sound è lo stesso, ormai diventato un cliché, i cambiamenti sono pochi, pochissimi (giusto un punto esclamativo spostato nel nome, l'assenza dei caratteristici spoken word e forse un minimo di concisione che viene fuori alla lunga distanza), la mano di Albini non è che si senta tantissimo (anzi, a dire il vero forse un pochino penalizza il risultato, appiattendo il suono dove una volta era tutt'altro che piatto e ripulendolo leggermente), ma questo è senza dubbio un disco da avere. Perché i GYBE restano i GYBE, perché la loro è vera e propria classe, sebbene questo disco non sia niente di sconvolgente dimostra che comunque nel genere loro rimangono i migliori. Pomposi, barocchi, militanti, punk: signori e signore, i Godspeed You Black Emperor.

Quando nessuno se li aspetta più, completamente svanito l'effetto novità, dopo aver cosparso il mondo di progetti collaterali, il pianeta invaso da emulatori pure bravini (anche a casa nostra), arrivano con il quarto disco ufficiale i Godspeed You Black Emperor!, la quintessenza del post rock strumentale con tentazioni sinfoniche.
Ma il disco non lascia indifferenti, anzi. Per la prima volta il loro potente suono è registrato dal mago Steve Albini, dando quella pienezza e al contempo limpidezza che in passato erano quasi sempre mancate, e non è poco per una band che associa strumentazioni classiche e rock in un trubine emotivo indescrivibile. Un disco lungo e a tratti estenuante, come è nella tradizione della band, ma più "conciso" che in passato, segno che il tempo li ha fatti maturare; soprattutto un disco politico: il retro di copertina merita certo approfonditi studi e meditazioni da parte di tutti noi. Infatti dietro alla copertina con le bombe che cadono a grappolo c'è un disegnino con nomi e frecce, leggendo con attenzione lì troverete scritti i legami di natura economica che legano le multinazionali del disco alla produzione di armi: imparerete che comprando l'ultimo Flaming Lips contribuite alla costruzione di missili cruise, oppure con gli Interpol i sistemi di puntamento, eccetera. GYBE! non se ne tirano fuori puliti però, specificando nelle note che anche loro sono un ingranaggio del mercato e che il minimo che si può fare è comperare il loro disco in piccoli negozi, evitando le grandi catene distributive: limitare i danni, insomma. Altro che punk-freak bolliti...

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