Neil Young - Brescia, 09/07/01

Dato che a Genova piove da dieci mesi, mi stupisco di trovare il sole a Brescia, dove l'estate sembra essere esplosa, mentre da noi ancora è un miraggio lontano. In effetti temevo di prendere una barcata d'acqua per vedere Neil Young dal vivo in piazza; non che non ne valesse la pena, intendiamoci, dato che gli anni passano e i tour si diradano sempre più. Altro grosso dubbio è l'acustica, visto che in queste manifestazioni estive di solito non si guarda tanto per il sottile: vengo smentito durante il set dei Black Crowes, che ci sciorinano da bravi studentelli tutto il repertorio di rock blues anni settanta, senza però entusiasmarci neanche un pò: d'altronde stiamo aspettando Neil Young con i Crazy Horse al completo e il confronto sarà impietoso!
Appena calano le luci del giorno nella bellissima Piazza Duomo, arriva sul palco Neil accompagnato dalla sua ormai mitica backing band da sogno: si comincia subito con Don't Cry No Tears, e si capisce subito che la serata sarà magica. La macchina è ben oliata, dopo tutti questi anni ci mancherebbe altro, ma il tempo non sembra avere più di tanto effetto, complice la calibrazione di una scaletta con pause nei momenti giusti; sorprendenti le capacità di coristi che hanno Lofgren e soprattutto Talbot, mentre dietro Molina picchia come un mastro ferraio. La voce di Neil, in jeans, maglietta bianca e cappello da cowboy rapisce subito tutti, grazie anche ad un inizio da vero infarto (lo rischiamo noi, altro che gli arzilli cinquantenni sul palco!) con la suddetta Don't Cry No Tears, seguita da I've Been Waiting For You e Love And Only Love: a questo punto siamo già stati ripagati dal lungo viaggio; il vecchio volpone sembra averlo capito quanto noi e ci sciorina tre nuovi brani, che però in confronto ai grandi classici degli anni d'oro, ehm, lasciano il tempo che trovano. Lo sa anche lui, certamente, infatti si fa perdonare imbracciando solitario l'acustica e deliziandoci con la sua migliore canzone degli anni '90, From Hank To Hendrix, seguita da Don't Let It Bring You Down, Pocahontas e, non contento del trittico da favola, Neil si avvicina all'organetto in legno per After The Goldrush! In una scenografia misurata, con vecchi amplificatori da brivido ed una buffa statua di indiano rispuntano i Crazy Horse per una strepitosa versione di Only Love Can Break Your Heart, memorabile. Temiamo tutti la fine prossima del concerto, ma i nostri a questo punto sembrano aver definitivamente superato la barriera dell'età e suoneranno ancora a lungo. Dopo altri due pezzi inediti di nuovo noiosetti, soprattutto perché un filo troppo lunghi, arriva, accolta dagli applausi del pubblico ormai in visibilio, Hey Hey My My seguita da Sedan Delivery: è ovazione, mentre nessuno sospetta che il meglio debba ancora arrivare. Ci attende infatti una lunghissima ed estenuante versione di Like A Hurricane, con tanto di mini organetto alato (?!) calato direttamente dal cielo! La canzone viene stravolta sul finale, in cui Neil completamente posseduto dalla foga, si reca verso il suo piccolo fenderino valvolare per alzare il volume ad un livello pauroso e rompere ben tre corde, in un impeto dissonante che non ha nulla da invidiare al miglior Thurston Moore... La band si ritira tra i fischi degli amplificatori prima del bis, nel quale completa il gioco (complice la pausa ristoratrice?) con due paurose versioni di classici: Rockin' In The Free World e Powderfinger: osannati i quattro lasciano la piazza in visibilio completo, e tutti siamo consci che più di così non potevamo chiedere.
La qualità della discografia di Neil Young è tale che la scaletta dei suoi concerti raramente lascerebbe insoddisfatto un appassionato, ma questa sera è stata superlativa, nonostante si sia largamente evitato l'effetto greatest hits, prova ne è che brani come The Needle And The Damage Done e tantissimi altri sono stati esclusi; vera icona del rock 'n roll nella sua accezione più vera ed autentica, Neil Young senza tanti fronzoli questa sera ci ha definitivamente convinto che non ci capiterà spesso di permetterci confronti con la sua musica.

caro Emiliano, oggi, 1/1/2002 rileggendo la tua recensione del live
di questa estate del nostro amatissimo Neil Young ho focalizzato la frase
dove dici che "From Hank to Hendrix" é la sua song migliore dei '90.
Beh! volevo  solo dirti che sono d'accordo con te al 1000 per 1000: é una canzon
che mi mette i brividi ogni qualvolta l'ascolto; vorrei anche eseguirla con il
mio duo LARGE SOUL! Ciao
Pasquale

C'ero anch'io al concerto!
Sembra che il tempo non sia passato per Neil Young, lo dimostra la voce!
Per me i pezzi nuovi erano proprio belli, anzi niente affatto noiosi.
Ciao
Enrico

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