Single Malt #2

Iniziamo dal Giappone questa puntata di Single Malt, per segnalare The Old Dreams di Kumi Takahara, violinista e vocalist di Tokio che ci porta in un mondo sospeso ed onirico grazie a sporadici interventi vocali, per un brano che ci fa letteralmente toccare la consistenza delle nuvole.È il primo passo dopo il suo album d’esordio See Through e qualcosa ci dice, vista anche l’affiliazione con aus, etichetta di gusti sopraffini, che sentiremo parlare presto di lei.

Burrone è il primo brano pubblicato da Arianna Pasini, ma fa parte di un percorso musicale decennale al quale presto verrà dato fiato (nel frattempo intanto è stata parte integrante di un progetto come Soviet Soviet per il loro tour). Ad accompagnarla diverse personalità note, basti pensare che l’album sarà prodotto da Francesco Giampaoli e Marco Giudici. Burrone è una sorpresa di 3:02 minuti, chitarra batteria ed una voce splendida, sorprendentemente morbido ed aggraziato, per una caduta che ci ripromettiamo di fare più e più volte.

Blame degli Shybits è una canzoncina leggera leggera che ha il potere di inebriarci con i suoi toni fra i Weezer d’annata e qualche chitarrina sui toni. Trio berlinese attivo dal 2018, l’anno scorso ha debuttato e qualcosa ci dice fosse un dischetto col quale porci baloccare. Li scopriamo ora con un po’ di ritardo, sulle semplici note che nella loro lingua madre avrebbero fatto gridare agli splendidi, primigenici Tocotronic ma questa è una rubrica di singoli imparziali, all’ascolto il pezzo c’è e convince, quindi avete ragione voi!

Ad un certo punto, un vinile nero, ha creato scompiglio, osanna e disdegno in alcuni negozi di dischi scelti per l’Italia. è stata la furba 42 Records a portare I Cani ed i Baustelle con due lati a confrontarsi, mischiarsi e giocare. Il gioco funziona, con le voci di Contessa e Bianconi ad abbassare uno l’enfasi dell’altro, in una sorta di dialogo interiore sul primo lato, fra serpenti sul cuscino e giardini. C’è l’epica e la leggenda, c’è il personale ed il parlare fra se e se, Nabuccodonosor e la solitudine. Passando al secondo brano , c’è una disillusione in bassa intensità, Nicolò porta la luce e questi due brani rischiano di diventare classici trasversali essendo roba da mordere al di fuori della loro discografica. Spiace sentire Rachele là dietro, che lasciarla come seconda voce come atto di presenza mi sembra un’idea senza capo ne coda, ma probabilmente nessuno se ne accorgerà, così come la gente continua a calpestare coccinelle e fiori. Come un essere umano…

Partendo dal lavoro teatrale di Frank Wedenkind mLau mettono in scena la scena di una violenza ai danni di una donna bambina, perpetrata da un mondo adulto e spietato. Lo fa tramite un accattivante motivetto, movenze hip-hop e rintocchi pop, il tutto tenuto in punta di piedi da una voce dolceamara, inquietante ed intensa. Un piccolo gioiellino che entra in testa e non accenna ad andarsene

Dovremo aspettare marzo per il marzo ma con Jamcod i Jesus & Mary Chain ci fanno capire come il loro rimanere uguali a loro stessi può essere molto più che il semplice compitino. Lacrime, schitarrate acide, capacità di sintesi e di trovare sempre e comunque la via per la parte oscura e convulsa del pop, suadente e sexy, suonata con la mano sinistra nello spazio fra un torneo di freccette al pub ed una lite, giustissimo così.

Bologna Violenta entra in un Tuk Tuk, alza il volume come da suo ed utilizza la lingua indiana per manometterne il motore, mandando il tutto fuori giri, facendo fumare il motore andando in vacca dopo nemmeno due minuti. Lo stacchetto centrale mistico-atmosferico e la relativa voce robotica sono roba finissima, della quale cibarsi appena il bioritmo tende a riappacificarsi.

Laudano sì, o mi’ signore, è tornato Stella Burns.Voce narcotica e fuori dal tempo, suoni lucidissimi come opali passati allo straccio, l’eterna sensazione di trovarsi ad un bivio drammatico nel quale il musicista vuole portarci. In realtà è soltanto quella terra di nessuno tra musica dell’anima, folk e western che di Stella sono cifre stilistiche e dadi che lancia a piacimento, ottenendo sempre cifre altissime.

Marthe si ritrova coinvolta da The Lord aka Greg Anderson, per due tracce vanno ad intendersi come tributo a Quorthon dei Bathory. Un elegia che cresce in maniera sontuosa e spaventosa,
trasmettendoci tutta l’ansia ed il malessere nell’entrare in un territorio proibito, nel quale saranno forse i nostri gli ultimi passi. Nel secondo brano la situazione si incasina ancora di più, il serpente, gli umani, le tenebre, tutto si mischia in quello che sembra il più bestiale dei sabba, musica ferina e felice di esserla, carica delle energie più spaventose e discinte.